Al Centro Zo le “Grandi speranze” della danza


La danza ha da sempre affascinato sia bambini che adulti. Corpi leggeri, scolpiti, asciutti che si muovono a ritmo di musica, palchi importanti da calcare, viaggi intorno al mondo, applausi scroscianti e, perché no, una buona retribuzione, sono nell’immaginario collettivo le peculiarità che contraddistinguono la professione del danzatore. Ma non è sempre così. “Grandi speranze”, lo spettacolo andato in scena al Centro Zo di Catania per la rassegna Performing Art, ha mostrato al pubblico i sacrifici e le difficoltà che incontrano al giorno d’oggi coloro che si dedicano alla danza. La pay  perview performance ideata e coreografata da Emma Scialfa, ha avuto come protagonisti gli artisti della compagnia Motomimetico, avvalendosi della collaborazione di Orazio Alba. Il corpo di ballo, spento e immobile nella scena d’apertura, si sveglia solo quando il pubblico paga la performance che desidera guardare. Agli spettatori sono offerti tre “Menù” composti da svariate azioni teatrali, gesti coreografici e immagini. Come nel meccanismo del jukebox, nel quale bisognava introdurre la moneta per ascoltare la canzone, gli spettatori sceglieranno cosa vedere. Una piccola provocazione ironica, che ha voluto sensibilizzare lo spettatore sulla condizione in cui vivono i professionisti della danza di questi tempi. Il pubblico è al centro della storia, incrementa la grande speranza degli artisti di continuare a ballare ed essere riconosciuti come lavoratori. Infatti, finite le risorse economiche dei genitori o delle borse di studio, ai ballerini spesso non resta che trovare un secondo lavoro per mantenere la loro professione principale alla quale tolgono così tempo e forze. Ed ecco comparire sul palco danzatori in grembiule, con guanti e spugnetta, che lavano col sapone le stoviglie, danzatori affannati, veloci, sudati, che si muovono da una parte all’altra del palco. Il disorientamento iniziale dello spettatore, diventa riflessione, partecipazione e divertimento nel momento in cui i professionisti si presentano in mutande, o quando vengono trattati con indifferenza e derisione durante i provini, o ancora quando affamati divorano in modo bulimico lo scarso cibo che gli permetta di mantenere i loro corpi tonici e affusolati. Il più delle volte sono sfruttati, ottengono prestazioni occasionali e scarsi compensi. La loro è una lotta, ma vogliono continuare a fare ciò che amano: danzare. Il ballo è dentro di loro sempre. In “Grandi speranze” c’è l’urgenza di condividere col pubblico il difficile ma ineguagliabile cammino dell’arte della danza. Ci sono fantasie, sentimenti, illusioni, ragionamento e divertimento. I coreuti si lasciano trasportare dalla loro vocazione, mettendoci amore e passione. Persistono nella danza e, nonostante tutto, continuano a danzare. La danza è un moto dell’anima che coinvolge tutto il corpo con sensazioni di dolore e piacere. I ballerini raccontano col corpo un desiderio, una vertigine, una passione che coinvolge i sensi. Non può essere considerata una moda o una tendenza, ma la parte più profonda di noi stessi che ci ricongiunge con quello che siamo.

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