“Le Lunghe notti” di Domenico Trischitta


Domenico Trischitta
Domenico Trischitta

“Le Lunghe notti” è il nuovo libro di Domenico Trischitta (Avagliano editore), disponibile nelle librerie dal 7 dicembre, grazie soprattutto al contributo morale di Giuseppe Peppo Pontiggia che ha esortato l’autore a mettere per iscritto brevi scorci di vita che sembrano così lunghi, perché eterni sono i momenti di angoscia per la scelta di un attimo, perché lunghe sono le conseguenze delle scelte.
A parlare del suo nuovo lavoro con noi di Sicilia&Donna, lo scrittore catanese Domenico Trischitta.

Intervista a Domenico Trischitta

Come fanno i personaggi più disparati ad essere nella penna dello stesso scrittore?
Perché lo scrittore è un conduttore di energia, di dolori e gioie, frustrazioni e pentimenti, fallimenti e rinascite. Chi scrive non dovrebbe avere pregiudizi, sesso o senso di giustizia. Non dovrebbe giudicare, solo ascoltare ed assecondare.

Come mai vi è un prete, che per intima credenza un senso della vita lo dovrebbe avere, tra i personaggi estremi, affetti dal male di vivere?
Il prete è una figura metafora della vita, un uomo che combatte perennemente con l’idea del peccato e vive sulla sua pelle la lotta tra bene e male, tra pulsioni e misticismo. Io ci trovo un estremismo profondo, forse il più estremo. Da un assassino ti aspetti un omicidio, da una prostituta una marchetta, da un alcolizzato una sbornia. Da un prete non ti aspetti che conforto religioso, certamente non un atto di pedofilia. E quando succede il protagonista diventa estremo.

Colpa e destino: due concetti antitetici che si escludono a vicenda, perché la colpa è la conseguenza di un’azione libera e il destino è un termine meno filosofico per dire provvidenza o determinismo.
La colpa è nell’esistenza in sè o nella scelta?
A volte le scelte non sempre ti portano nella direzione giusta.  Nel mio quartiere viveva un ragazzo, la madre prostituta e il padre criminale, che cercò in tutti i modi di affrancarsi dall’ambiente. Cominciò ad ascoltare musica rock e a nutrire passioni, ma questo non lo salvò dall’essere risucchiato nella melma pericolosa del male. C’è un bel film di De Palma, “Carlito’s way” che racconta una storia simile: fai una corsa contro il tempo per liberarti dagli incubi negativi, ma poi un imprevisto può essere fatale. Diciamo allora che la colpa è dell’esistenza.

Ma il destino esclude la scelta: ci può essere colpa nel seguire un destino già scritto?
Non c’è nessuna colpa, il problema è quando lo si vuole forzare quel destino, come avviene ai personaggi dei miei racconti

Ed è possibile non vivere la vita troppo in fretta, considerando che l’unico tempo in cui viviamo è l’istante che di per sé non ha estensione temporale?
Ecco, i miei personaggi vivono per l’istante, non pianificano, sono borderline. Loro fanno in un attimo, nel bene e nel male, quello che altri attendono da una vita. Come il punto di svolta cinematografico che cambia in maniera irrimediabile il corso degli eventi.

Si può essere frettolosi a seguire una strada già tracciata, chiamata destino?
In maniera assoluta, l’espressione “il precipitare degli eventi” ne coglie l’essenza.

Cosa intende lei per male di vivere?
Il male di non saper vivere cui scriveva Berto nel suo romanzo “Il male oscuro”.

Di Federica Giunta

Articolo Precedente Giovanni Allevi in Sicilia per festeggiare le nozze d'argento
Articolo Successivo Le manifestazioni di Natale in Sicilia: tra mercatini e presepi viventi

Scrivi un Commento

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *