Codice rosa nei Pronto soccorso. Si farà anche a Catania


“Attiviamo il Codice Rosa nei Pronto soccorso”. L’iniziativa, già attiva in altre regioni d’Italia, è stata promossa dal parlamentare nazionale del Partito Democratico, Giuseppe Berretta, che vuole avviare a Catania il progetto di accoglienza per contrastare la violenza. In prima fila, in occasione della presentazione ufficiale nel capoluogo etneo, c’erano il direttore sanitario dell’ASP etnea Franco Luca e l’endocrinologo Riccardo Vigneri.
Il progetto coinvolgerà i pronto soccorso della città dando un aiuto concreto a tutte le vittime di violenza, senza distinzioni di età o sesso. Offrirà, in sintesi, un percorso privilegiato all’interno del pronto soccorso nel momento in cui sarà presente una sospetta o conclamata violenza. Una stanza rosa, per così dire, dove poter parlare liberamente e in assoluta privacy con l’aiuto del personale organizzato.
La task force del progetto sarà costituita da medici, psicologi, psichiatri infantili, forze dell’ordine e assistenti sociali. Un’unione di forze tra magistratura e sistema sanitario volta a contrastare questo fenomeno. “Codice rosa è riuscire a guardare insieme un unico punto. Per tanti anni questo tema è stato tenuto all’oscuro dell’opinione pubblica, nonostante le vittime siano in aumento. Vittime anche invisibili, bambini e bambine che assistono inermi ad atti di violenza domestica. Riuscire a denunciare l’aggressione è un grande passo avanti, per questo è importante essere preparati nei pronto soccorso, riconoscendo un atto di violenza nell’immediato” spiega la dottoressa Vittoria Doretti.

I dati della violenza
Un momento della presentazione del progetto Codice rosa a Catania
Un momento della presentazione del progetto Codice rosa a Catania

Dati che confermano le proporzioni di un fenomeno che non si arresta: secondo uno studio commissionato dal parlamentare nazionale dei Democratici Berretta al Centro studi della Camera, nel 2013 sono stati 501 gli omicidi in Italia (fonte Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno): di questi, il 35 per cento ha visto donne come vittime. Nello stesso anno, sui 172 omicidi in ambito familiare registrati in Italia, ben 120 hanno riguardato donne. Inquietanti anche i dati sullo stalking: nel 2012 sono stati 11.436 i procedimenti giudiziari su persecuzione e stalking (la fonte è il Ministero della Giustizia), il 92 per cento dei quali trae origine dalla denuncia della vittima, prevalentemente alla polizia giudiziaria. Ancora: Nel 90 per cento dei casi le vittime di stalking sono donne , nel 42,5 per cento dei casi i processi hanno portato alla condanna del persecutore, nel 14,9 per cento ad un patteggiamento e solo nell’11,5 per cento ad una assoluzione.
“Il 23 per cento delle delle donne siciliane tra i 16 e i 70 ha subito una violenza fisica o sessuale e nel 50 per cento dei casi la violenza si è consumata in ambito domestico e familiare – ha spiegato Vincenzo D’Agate, coordinatore regionale dell’Aiilf, Associazione Italiana Infermieri Legali e Forensi – I Triage hanno grosse responsabilità in questo senso, perché il 64 per cento delle vittime di violenza che decidono di denunciare, lo fa direttamente al Pronto Soccorso: fondamentale è quindi l’accoglienza mirata, l’addestramento del personale e l’istituzione della task force sanitaria-giudiziaria”.
Si è discusso anche delle “vittime invisibili della violenza assistita che sono i bambini – ha spiegato la psichiatra Gisella Summa – e che vanno ugualmente tutelate”.
Importante il contributo di Fabrizia Giuliani, esponente della Commissione Giustizia della Camera, principale animatrice del movimento Se Non Ora Quando e relatrice del provvedimento di legge con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, “l’unico strumento giuridico vincolante per tutti i Paesi che lo hanno accolto nel contrasto alle violenze” ha detto Giuliani. “La Convenzione è stato un grande passo, come la legge 119 del 2013, ma altrettanto lo è il Piano nazionale contro la violenza alle donne, che deve vedere tutte le istituzioni impegnate per sostenere le iniziative mirate al contrasto della violenza sessuale e di genere e su questo ci sarà il nostro impegno concreto”.
Le somme destinate al Piano Antiviolenza nel 2014 ammontavano a 18 milioni di euro e per il 2015 si prevede un leggero incremento della somma.
Il Codice rosa a Catania
A contribuire al dibattito anche Riccardo Vigneri, che ha citato i numeri dei Triage catanesi: 450 mila accessi annui in tutta la provincia, 250 mila nei soli nosocomi della città di Catania. “Con questi numeri – ha detto – non è facile raggiungere livelli organizzativi tali da permettere facilmente l’attuazione del Codice Rosa, ma sicuramente si può intervenire sulla formazione del personale: una legge regionale del 2012 prevede formazione specialistica per medici e infermieri del Pronto Soccorso, per tipologia di emergenza da trattare, ma purtroppo non viene rispettata”.
Aperture sono arrivate dal direttore sanitario dell’ASP, Franco Luca: “E’ importante che si parli di violenza e Codice Rosa, perché anche noi dovremmo ragionare di più in termini di squadra, abbandonando la logica del ‘non è di mia competenza’ quindi sono d’accordo sulla necessità di una svolta non solo culturale ma anche organizzativa nel nostro territorio”.
“Vogliamo far sì che le nostre proposte politiche diventino realtà concrete, anche a Catania” ha sottolineato quindi Tania Spitaleri, rilanciando la proposta avanzata da Berretta per la nostra città: “Guardiamo con ammirazione alle esperienze positive che stanno dando buoni frutti in altre città, a partire da quella di Grosseto, per replicarle anche da noi – ha concluso Berretta – Abbiamo visto che non ci vogliono grosse risorse economiche, ma coordinamento tra ASL, personale sanitario e giudiziario, con il coinvolgimento delle associazioni già molto impegnate anche sul nostro territorio: allora andiamo avanti e facciamo sì che il Codice Rosa venga realizzato anche a Catania”.

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