Alessandra Costanzo: “Gli attori danno voce a chi non ce l’ha”.


Grandi occhi azzurri, voce calda e sensuale, mani freneticamente in movimento e tanta voglia di far capire chi è la vera Alessandra Costanzo, attrice catanese dai tanti successi televisivi come “Squadra Antimafia 5”, Il Giovane Montalbano”, “Raccontami”, “Viso d’Angelo” e “Barabba” mentre per il Cinema la ricordiamo in “Il sud è niente”, “Notte prima degli esami”, Secret Passage” e “Cavalleria Rusticana”, oltre ai numerosi successi teatrali. Un po’ alla volta nell’accogliente salotto della sua casa etnea tra antichi quadri dipinti dalla nonna, pregiati paralumi in tombolo siciliano e antichi mobili di famiglia sfogliamo l’album dei ricordi della vulcanica attrice.

Reduce dal successo teatrale di “Margarita e il Gallo”, un testo estremamente attuale ambientato nella Firenze del 1500 in cui dà vita al personaggio di Bianca. Se lo spettacolo fosse stato realizzato nel 2014, secondo lei, come  avrebbe reagito Donna Bianca al macchinoso inganno architettato dal marito?

“Sicuramente Bianca non sarebbe stata così succube del suo consorte. Oggi noi donne, fortunatamente, siamo abituate ad essere indipendenti. L’unico personaggio veramente libero da costrizioni mentali è la cameriera Margarita che, nonostante la sua ignoranza, a causa del suo vissuto, non cede a ricatti o vincoli. Bianca è una donna repressa che lesina le attenzioni del marito. È una storia antica dai contenuti estremamente attuali. Oggi le donne hanno finalmente acquisito un ruolo importante nella società, anche se il soffitto di cristallo non è stato ancora rotto. La nostra voce si fa sentire a gran forza. Riusciamo a parlare al mondo intero senza più dover subire. Una donna finalmente può tentare la strada dell’affermazione, aspetto che anche alle nostre nonne qualche decennio fa ancora era negato”.

Spostiamo le lancette dell’orologio di qualche anno. Inizia la sua carriera d’attrice da adolescente. Dal ’75 al ’77 consegue il diploma di attrice professionista alla Scuola “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania. È stato difficile poter affermare, ad esempio in famiglia, la sua voglia di recitare? C’è stato qualcuno che l’ha sostenuta più degli altri o si è trovata davanti ad un muro di gomma?

“Mia nonna è stata sin dal primo istante la mia prima sostenitrice. Mi ha aiutata in ogni scelta e mi ripeteva sempre. “Questa è la tua strada. Vai avanti. Combatti per questo”.

Era ancora al liceo linguistico quando ha deciso di recitare. Non poteva né decidere da sola, né firmare i documenti d’iscrizione…

“Mio padre non c’era già più. È morto quando io avevo dieci anni. Mia madre non era contro di me, ma essendo minorenne doveva dare lei necessariamente il consenso. Ricordo che prima di firmare i documenti mi disse: “Fai questa cosa, ma appena ti abbassano un solo voto a scuola non reciterai più”. Decisione più che giusta, anch’io avrei fatto lo stesso. All’inizio tutti erano convinti che sarebbe stato un interesse giovanile e nulla di più. Mi accorsi con gioia che il teatro cominciò a scritturarmi quando ero ancora minorenne e fu un amore senza fine”.

Ricorda il primo spettacolo?

“Come non potrei. C’era stata l’alluvione a Trapani e siamo andati a fare una lezione-spettacolo sugli autori siciliani. In quest’occasione ho capito la forza straordinaria dell’arte, una consolazione e una ristorazione straordinaria per l’anima. Sono convinta del grande potere taumaturgico dell’arte”.

Qual è la sensazione che prova pensando a quegli anni?

“Gioia, tenerezza ed amore. Durante il primo spettacolo a Trapani molti ragazzi mi chiesero l’autografo. Ricordo che ci fu un ragazzo in particolare che mi chiese di firmare sul “Sapegno”, il libro di letteratura italiana. Rifiutai categoricamente e con molta modestia gli dissi: “Qui tra i grandi come Dante e Petrarca non posso scrivere il mio nome. Dammi un quaderno o un foglio bianco ma qui non mi sembra il caso”.

Lei ha lavorato in Italia e all’estero con grande successo. Qual è il più bel complimento che le è stato fatto durante la sua carriera?

“Ricordo che alla fine delle riprese di “Secret Passage” con John Turturro la moglie Katherine mi disse: “Tu sei un’attrice molto ricca. Tu sei come John, perchè tu porti in scena non solo tutte le donne che hai conosciuto, ma la storia di tutte le donne”. In quel momento mi sono sentita come il quadro di Pellizza da Volpedo, “Il quarto stato”. (ride)

Qual è, secondo lei, il compito dell’attore?

“Gli attori servono a dare voce a chi non ce l’ha. Quando mi diedero il compito d’interpretare un personaggio negativo ho gioito, perché finalmente potevo far parlare altre anime. I miei maestri mi hanno insegnato che non si deve mai giudicare un ruolo e qualunque personaggio ha il diritto di essere realizzato al meglio e sposato come il migliore dei mariti”.

Che tipo di persona è Alessandro Costanzo nel privato? Come definisce la sua personalità?

“Non penso alla carriera e ai premi. Sono una donna semplice, che apprezza il valore di ogni singolo giorno. Credo che fino all’ultimo dei nostri giorni ci sia la possibilità di potersi redimere. Faccio parte dell’ associazione “Nessuno tocchi Caino” e spesso vado a recitare nelle carceri; tutti hanno il diritto di avere una seconda possibilità. La sera quando mi addormento cerco sempre di pensare a quello che sono riuscita a fare. Quando non lavoro mi piace fare la spettatrice, vivere l’affetto e l’amore dei miei amici. Sono una brava donna di casa e mi diletto, con gioia, in cucina. Amo la mia terra e i suoi sapori”.

Ha vissuto per ben 32 anni a Roma fuori dalla sua terra senza però abbandonarla completamente. Cosa è per lei la Sicilia?

“Io mi sento profondamente siciliana. Non ho mai tagliato il cordone ombelicale con la mia terra. Il mio bagaglio culturale è siciliano. I miei amici romani hanno imparato da me alcune nostre particolari espressioni dopo che io ho spiegato loro l’origine di quella determinata parola. L’unica cosa che mi turba ancora, come quando abitavo qui, pensando alla mia gente è quel sentimento di lassismo e menefreghismo tipicamente siciliano che non ho accettato e non accetterò mai. Non mi piace il modo strano che hanno molti siciliani di sopravvivere a certe sopraffazioni mentali. I siciliani sono per loro natura colti, perché anche nei discorsi della gente più umile, per contingenza naturale dei luoghi in cui si vive, si respira storia. Ancora in Sicilia esistono i gentiluomini, razza in via d’estinzione. La nostra storia, la nostra cultura è grande e per questo siamo e saremo immortali”.

Lei è l’unica attrice donna ad aver interpretato, per ben due volte, il personaggio di “Calibano, la Bestia”, nel “La Tempesta” di Shakespeare. Come si è preparata a questo ruolo?

“È stata una bella scommessa. Una dolce fatica professionale, perché questo personaggio è stato sempre interpretato da uomini forti e ruspanti. Sono stata felice che la mia interpretazione sia stata accolta con molta curiosità da parte della critica. Ho cerato di dare a Calibano, un perdente di razza, lo spessore e il valore umano che meritava. Dare vita a questo ruolo è stato un mettermi in gioco e una prova importante per me stessa e per il grande rispetto che nutro per il mio lavoro”.

Cosa significa, per lei, amare il proprio lavoro?

“Io sono follemente innamorata del mio mestiere, perché in molte situazioni della mia vita mi ha salvata. Mi rende viva e mi aiuta ad affrontare il quotidiano. Tutto quello che ho vissuto, l’ho superato anche grazie al mio lavoro”.

In quale ruolo le piacerebbe cimentarsi?

“Mi piacerebbe realizzare un personaggio realmente scuro. Vorrei ragionare con il dolore dell’anima di un personaggio negativo, perché sarebbe anche più facile, secondo me,  liberare la propria anima da alcune debolezze”.

Come si decide di dire si ad un soggetto?

“Non ho mai scelto un ruolo in base al suo prestigio o al suo riscontro economico. Ho deciso di fare quel film o quello spettacolo per l’anima da interpretare. Quando ho dato vita a “La madre” ne “La favola del figlio cambiato” di Luigi Pirandello per la regia del Maestro Giuseppe Di Martino  ho studiato da Freud ai giorni nostri la psiche di una madre per rendere al meglio sulla scena ed ho capito che un lavoro, qualunque esso sia, per riuscire bene deve essere, sin dall’inizio, carico di grande empatia.

Prossimi impegni lavorativi?

“Tanti. Sto girando la nuova serie TV de “I Cesaroni” e molte altre cose sono pronte a decollare che per motivi scaramantici non voglio annunciare. Mi vedrete, tra poco, spesso e in tante situazioni”.

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