David Coco: Il teatro rimane la mia più grande passione


L'attore David Coco
L'attore David Coco

Nelle ultime settimane lo abbiamo ritrovato su Canale 5 nella fiction “Rimbocchiamoci le maniche”, dove veste i panni del professore di matematica Paolo Sciacca. Stiamo parlando dell’attore siciliano David Coco, che torna in tv dopo diversi successi come “Baciamo le mani” e “Squadra Antimafia 7”. Ma il suo impegno artistico non si limita soltanto al piccolo schermo. Infatti, alterna il lavoro in televisione con quello nel cinema e in teatro, che resta la sua grande passione dai tempi del liceo. L’intervista a David Coco parte dalla fiction in cui recita accanto a Sabrina Ferilli, che è protagonista nel ruolo della combattiva e appassionata Angela, per poi passare alle altre interpretazioni che ci ha regalato in questi anni. David Coco scandisce le sue parole e si concede qualche istante prima di rispondere alle domande. Ma su cosa significa recitare ha le idee ben chiare: Fare l’attore, a parer mio, significa principalmente lavorare su un personaggio e il teatro permette ancora di farlo perché il tempo gioca a favore di noi attori. Il pericolo legato ai tempi molti ristretti è quello di diventare attori disinvolti invece di attori interpreti”.

Intervista a David Coco

In “Rimbocchiamoci le maniche” recita nel ruolo di Paolo Sciacca, una figura molto vicina alla protagonista Angela Tusco. Ci può parlare del personaggio che interpreta?

Davi Coco e Sabrina Ferilli in "Rimbocchiamoci le maniche"
Davi Coco e Sabrina Ferilli in “Rimbocchiamoci le maniche”

“Paolo è un amico di infanzia di Angela ed è sempre stato innamorato di lei. I due sono cresciuti insieme, ma le loro vite si dividono perché si ritrova costretto a lasciare il suo paese, Offidella, per seguire i genitori e trasferirsi a Catania, dove consegue la laurea. Dopo tanti anni al Sud, ritorna ad Offidella con un matrimonio finito alle spalle e ritrova Angela che ha tre figli, ma una relazione problematica col marito. Paolo è estremamente discreto e diretto. Quando mi capita di descrivere il suo personaggio, mi viene subito in mente la sua sincerità. È un uomo privo di sovrastrutture, che non ricorre a strategie e che non ha bisogno di imporsi perché è davvero sicuro di sé, di ciò che fa e dei sentimenti che prova. Direi che è in assoluto equilibrio con se stesso. Inoltre, è un personaggio che sa ascoltare le ragioni degli altri, senza mai essere invadente nei confronti di Angela. Le sta accanto, rispettandola e comprendendo che è una donna matura in grado di fare le sue scelte.”

Quindi la fiction è un invito alla speranza di un cambiamento, al coraggio e all’impegno civile…

“Il racconto della fiction è abbastanza variegato: si parla di bullismo, di gestione della cosa pubblica, di riscatto dei singoli personaggi, di impegno. Rimbocchiamoci le maniche si esprime anche su tematiche delicate come la dipendenza dal gioco d’azzardo e il rapporto tra banche e privati. Credo che la fiction abbia una natura profondamente civica. Il messaggio che vuole trasmettere è fondamentalmente uno: anche se oggi la politica viene spesso associata a privilegi e interessi personali, in realtà

David Coco ne "L'uomo di vetro"
David Coco ne “L’uomo di vetro”

appartiene al cittadino. Noi cittadini dovremmo essere i primi a indignarci e reagire per cambiare la situazione. Inoltre, è essenziale ripristinare il concetto di responsabilità. In molti Paesi, alcuni politici non si dimettono soltanto in presenza di dolo ma perché riconoscono di avere una certa responsabilità nei confronti dei cittadini.”

Sul piccolo e grande schermo ha interpretato diversi personaggi particolarmente impegnativi, tra cui il poliziotto Antonino Cassarà nella miniserie su Giovanni Falcone, Bernardo Provenzano nel film “L’ultimo dei Corleonesi”, il primo pentito di Cosa nostra Leonardo Vitale nel film “L’uomo di vetro”. Quale interpretazione si è rivelata più difficile?

“Decisamente quella di Bernardo Provenzano perché non avevamo alcun tipo di conoscenza, a parte qualche dato e un paio di foto segnaletiche risalenti alla sua gioventù. La difficoltà dell’interpretazione sta nel personaggio che non è scritto bene. E in questo caso, in assenza di coordinate precise e di  una sceneggiatura chiara, ho dovuto quasi inventare il personaggio. E personalmente non credo di aver fatto una buona interpretazione.”

Facciamo qualche passo indietro. Com’è nata la passione per la recitazione e la decisione di iscriversi alla scuola Arte Moderna del Teatro Stabile di Catania?

cover1300_imm“È stata una pura casualità, visto che da piccolo desideravo fare il medico. Ho iniziato col teatro di parrocchia insieme ai miei compagni del liceo classico e mi sono accorto che mi piaceva recitare.”

Pensa di riuscire a dare il meglio di sé sul palco di un teatro o sui set televisivi e cinematografici?

“Non so dire dove riesco a dare il meglio di me, però mi sento più a mio agio al teatro, anche perché ho iniziato da questo. In fondo, credo che la vera casa di un attore sia il teatro. Preferisco lo studio del personaggio all’esposizione in sé e in teatro il tempo è più dalla parte di noi attori. In televisione e al cinema, invece, il tempo è davvero poco. Il pericolo legato ai tempi ristretti è quello di diventare attori disinvolti invece di attori interpreti. E fare l’attore, a parer mio, significa principalmente lavorare su un personaggio.”

C’è qualche ruolo in particolare che le piacerebbe interpretare? 

“Ce ne sarebbero davvero tanti. In teatro mi piacerebbe interpretare Caligola di Albert Camus o qualche personaggio shakespeariano.”

Quando avremo il piacere di rivederla in scena?

“Molto presto. Quest’autunno uscirà al cinema un film di Gian Paolo Cugno che abbiamo girato un po’ di tempo fa. Si intitola I cantastorie. Inoltre, sto lavorando ad altri progetti per il cinema ma, per l’appunto, si tratta ancora di progetti.”

 

 

 

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