Fuocoammare vince l’Orso d’oro alla Berlinale: Lampedusa protagonista


fuocoammare

E’ stato l’unico film italiano in concorso, Fuocoammare, il docufilm di Gianfranco Rosi, a ricevere l‘Orso d’oro alla 66esima edizione del Festival di Berlino. Lampedusa, dove il regista, seguendo il metodo di totale immersione dei documentaristi, si è fermato un anno intero raccontando la disperazione di famiglie degli immigranti e la difficoltà degli isolani, si è confermata quindi la protagonista di un festival, quest’anno dominato dal tema dell’immigrazione e dell’integrazione. Durante la premiazione il regista, commosso, ha chiamato sul palco Pietro Bartolo, il

Una scena del docufilm Fuocoammare
Una scena del docufilm Fuocoammare

medico che a Lampedusa si occupa degli abitanti ma anche di accogliere gli immigrati, e l’aiuto regista dedicando il premio ai produttori e ai lampedusani. La presidente della giuria Meryl Streep, al fianco del direttor del Festival Dieter Kosslick, che aveva già definito il film ”potente” , leggendo il verdetto ha affermato: “Film eccitante e originale, la giuria è stata travolta dalla compassione. Un film che mette insieme arte e politica e tante sfumature. Un libero racconto e immagini di verità che ci racconta quello che succede oggi. Un film urgente, visionario, necessario”. Vivo ancora molti incubi su questa esperienza. L’essere salito su quel barcone, aver visto e respirato. Sentire i corpi. Filmare la morte è stata una cosa dura e difficile.Fuocoammare, in sala dal 18 febbraio, focalizzandosi su Samuele, un ragazzino lampedusano, e sugli episodi quotidiani che scandiscono la sua vita, come la visita oculistica, lo zio pescatore, la nonna che cucina, i giochi fantasiosi con la fionda, è riuscito a documentare la tragedia contemporanea del nostro Mediterraneo da un punto di vista differente. “La vera difficoltà del film è stata sdradicare il bombardamento di immagini quotidiane che ci portiamo dietro dai telegiornali, dai documentari – ha confessato Rosi- Era fondamentale cercare di raccontare da un altro punto di vista, una realtà che viene sempre narrata in termini di cifre, numeri: quanti sbarchi, quante vittime, quanti profughi”. Non è stato facile neanche rivedere la crudità di certe immagini nella fasi di montaggio:” Vivo ancora molti incubi su questa esperienza. L’essere salito su quel barcone, aver visto e respirato. Sentire i corpi. Filmare la morte è stata una cosa dura e difficile. Però c’è un momento in cui ti trovi davanti a una scelta. Devi decidere se filmare o no.“ La necessità del documentario. “È un popolo di pescatori e i pescatori accolgono tutto ciò che arriva dal mare. Questa è una lezione che dobbiamo imparare” conclude Rosi, elogiando i Lampedusani.

 

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