“Le sorelle Macaluso”, vita, morte e sogni in “salsa palermitana”


Un palcoscenico per sette sorelle, una madre, un padre, un nipote. Alcuni sono vivi, altri morti, una di loro è in procinto di lasciare la vita.

In questo spettacolo ci sono defunti che arrivano dall’ombra per riprendersi i vivi, corpi vestiti a lutto che avanzano in un corteo funebre e prendono a combattere alla maniera di pupi siciliani, che stanno in fila davanti a lapidi a forma di scudi di antichi paladini e usano le spade a mo’ di crocifissi. Di vita e morte si parla, certo, ma soprattutto di sogni. Sogni che sopravvivono agli orrori, ci marchiano e che ci accompagnano oltre la nostra esistenza terrena.

Le sorelle Gina, Cetty, Maria, Katia, Lia, Pinuccia e Antonella, palermitane di borgata, raccolgono le fila delle proprie gioie e dei propri drammi, litigando, scambiandosi insulti, ridendo di gusto, avendo «tutte torto e tutte ragione, sempre», ma volendosi profondamente bene. Il tutto espresso attraverso un linguaggio rude, palermitano stretto e pugliese assieme, e con immagini lievi e inebrianti, come l’abbraccio passionale e mistico assieme dei genitori Macaluso, novelli Paolo e Francesca protesi però verso un paradiso di pacificazione. Sette donne con i propri dolori, insicurezze, segreti, che stanno ferme al proprio posto a sciogliere nodi dai propri sogni fino a tornare bambine.

Le sorelle Macaluso appaiono a tratti come la proiezione allargata e sicula delle tre sorelle-vegliatrici de “Il Marinaio” di Fernando Pessoa, anche loro imprigionate in una staticità senza tempo, a vegliare un’amica (o forse una quarta sorella?) morta. In Pessoa come nella Dante, c’è il mare sullo sfondo, il timore – quasi terrore – di parlare del passato, un confine sottilissimo tra realtà e sogno, luci e ombre ostinate («Vedo i sogni rimasti sospesi tra le ombre e la solitudine», scrive Emma Dante nelle sue note di regia). E rileggendo alcuni passi di Pessoa si riesce addirittura a mettere meglio a fuoco lo spettacolo della drammaturga e regista palermitana: «La vita ci spia sempre. Perché si muore? Forse perché non si sogna abbastanza. È possibile… Ma allora, non varrebbe la pena di chiudersi nel sogno e dimenticare la vita, perché la morte si dimentichi di noi?». E nel finale, in cui una delle sorelle protagoniste prende coscienza di stare assistendo al proprio funerale e con fatica si avvia tra i morti indossando la veste del suo più grande sogno, un tutù da ballerina, sentiamo riecheggiare ancora una volta le parole delle vagliatrici di Pessoa rivolte alla salma che vegliano: «Colei che finge di essere lì, bella e giovane come noi, anche lei sognava… Sono certa che il suo sogno era il più bello di tutti».

“Le sorelle Macaluso”, testo e regia Emma Dante, con Serena Barone, Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Italia Carroccio, Davide Celona, Marcella Colaianni, Alessandra Fazzino, Daniela Macaluso, Leonarda Saffi, Stephanie Taillandier, luci Cristian Zucaro. Produzione Teatro Stabile di Napoli, Théâtre National (Bruxelles), Festival d’Avignon, Folkteatern (Göteborg), in collaborazione con Atto Unico/compagnia Sud Costa Occidentale.

Dopo il debutto al Mercadante di Napoli, lo spettacolo è stato applaudito al Palladium di Roma, al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, al Teatro della Fortuna di Fano, al Biondo di Palermo Palermo e si prepara per nuove tournèe  alle Fonderie Teatrali Limone Moncalieri di Torino (dal 29 aprile al 4 maggio), al Piccolo Teatro Grassi di Milano (dal 6 al 18 maggio) e al Sibiu l’International theatre festival della Romania (11 e 12 giugno).


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