Libero Amleto incanta il pubblico


Ce ne eravamo accorti. Il dialetto ammaliante e affabulatorio del contadino Vincenzo Rabito in “Terra matta” aveva qualcosa di potente, ipnotizzante. La stessa lingua di un altro figlio di Chiaramonte Gulfi, Rosario Minardi, che incanta il pubblico del Musco con la sua forza scenica, con la sua camaleontica performance tipica dei grandi del teatro. Ci chiediamo se la nostra città è in grado di capire, se veramente possiede la vocazione teatrale degna di questo nome, se è in grado di scommettere sulle novità di talento che sarebbero valorizzate altrove. Abbiamo qualche dubbio. E’ quello che ho pensato assistendo a questa miracolosa rappresentazione, di un uomo in scena che imbastisce il suo personale “Libero Amleto, tintura ‘u tu nomu è fimmina”, originalissimo adattamento dell’opera del Gran Bardo. Un “cazzaratu” in isolamento rischia di impazzire se non ricostruisce il suo caso giudiziario di vendetta attraverso una sua onirica interpretazione del testo scespiriano. Diventa di volta in volta, in una carrellata vorticosa, tutti i personaggi della tragedia.  Riusciamo a restare ancora nella normalità, se non fosse che il carcerato siciliano, entrato prima nel solipsismo amletico, decide di oltrepassare i limiti, di rendere il suo personaggio magnificamente sopra le righe. Qui entra in gioco l’attore Minardi con tutte le sue qualità,  la capacità di cambiare registri mimici e vocali, elevandosi attraverso una travolgente espressione corporea. Per questo non ci stupiamo se alla fine dello spettacolo ci sono stati oltre venti minuti di applausi, ma applausi sinceri e non da tradizione. Un merito particolare all’intelligente regia di Carlo Ferreri e alla produzione del “Teatro degli specchi” di Marco Tringali per aver realizzato questo gioiello tutto siciliano che difficilmente dimenticheremo.

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