“Requiem for my mother”: scontro madre/figlia sulla soglia dell’Aldilà


Lo scontro generazionale tra madre e figlia vive in una Sicilia oscillante tra la nostalgia di un mito e il malessere contemporaneo ed è rappresentato in “Requiem for my mother”, in scena questa sera e domani sera, presso la Sala Laudamo di Messina.

La piéce teatrale è scritta, diretta ed interpretata da Donatella Venuti e rientra nei due spettacoli del cartellone di prosa “Messina: Teatro al femminile”. Giada Vadalà recita insieme alla Venuti. Le musiche sono di Arcadio lombardo, luci e fonica di Igor Sacchet; costumi di Duse; scene di Franco Lombardo; aiuto regista è Nicole Rossitto.

 

Lo spettacolo si articola attraverso una resa dei conti tra madre e figlia mentre la giovane Maria scrive il suo diario, le pagine della loro storia, fino ad arrivare all’ammissione di una responsabilità. In primo piano, c’è il disagio della figlia che non sa trovare un equilibrio armonioso senza prima avere affrontato Lei, il Titano, il mito dei miti, la Madre  Mediterranea, genitrice di tutti i dolori. La donna sembra appunto ossessionata dalla madre per cui nutre un profondo amore. Questo sentimento è stato macchiato da un segreto che ha turbato la sua naturalezza e, per questo, resta sempre al limite della psicosi. La figlia rievoca la figura della madre su una spiaggia, quasi come in un rito magico, per scoprire nel riflesso materno se stessa. Solo attraverso lo sguardo dell’altro, acquistiamo consapevolezza di chi siamo e non siamo. Ma il mistero resta indecifrabile. Si arriva alla conclusione che era meglio non sapere nulla, meglio vivere con il velo di Maia, meglio l’infanzia, meglio il guscio di una famiglia iperprotettiva quando lì fuori, dietro le mura di casa, tutto è menzogna. La regista parte dal tema dell’elaborazione del lutto, tanto celebrato nelle sue forme di ritualità nella nostra società meridionale, per raccontarci una storia un po’ biografica dove il contesto reale-surreale si intreccia ad una società malata-mafiosa e alla vicenda intimista delle due donne.

“L’idea è quella di un grande utero – confessa la Venuti – origine senza percorso, luogo di nascita ma anche di estremo rischio che il suo essere accogliente possa diventare soffocante. Tutto deve far pensare a un riparo, ad una Caverna; se c’è un viaggio da compiere, è all’interno di noi stessi, per conoscere l’estrema radice dell’Urlo quando la madre genitrice con un grido ci ha sputato alla vita”.

La scena è scarna con un letto-catafalco, coperto da un telo chiaro che scende sul pavimento e disperde i confini degli oggetti; poi, sette pannelli-specchi, coperti da una tela chiara che verranno lentamente svelati. Anche il gioco delle luci con tagli laterali contribuisce alla violenza della situazione.

“I personaggi non hanno scelta – continua la regista ed attrice – non ne hanno avuta, qualcun altro ha scelto per loro e questo provoca violenza e perdita della speranza, rassegnazione e dolore. La società mafiosa produce tali aberrazioni, la società degli uomini senza speranza, degli uomini vuoti. Non è una scheggia impazzita: è atavismo e modernità allo stesso tempo”.

Il secondo spettacolo di “Messina: Teatro al femminile” sarà “Amaro ma non troppo”, scritto, diretto ed interpretato da Patrizia Baluci ed è previsto il 9 e il 10 novembre, presso la Sala Laudamo di Messina.

 

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