Teatro Musco debutta “Una solitudine troppo rumorosa”


Un momento della conferenza stampa al Teatro Musco di Catania per la presentazione dello spettacolo "Una solitudine troppo rumorosa".
Un momento della conferenza stampa al Teatro Musco di Catania per la presentazione dello spettacolo "Una solitudine troppo rumorosa".

Teatro Musco di Catania, dal 17 al 26 aprile, andrà in scena il nuovo allestimento di “Una solitudine troppo rumorosa”, per la regia di Francesco Randazzo. La riduzione teatrale di Filippo Arriva è tratta dall’omonimo romanzo di Bohumil Harabal ed è stata nel cartellone “L’isola del teatro” del Teatro Stabile di Catania, programmato per valorizzare la drammaturgia più recente e i suoi autori. Con “Una solitudine molto rumorosa” Harabal ha scritto la metafora più toccante sul destino del libro, ma anche dell’uomo nella società di massa. Nel ruolo del protagonista, Hanta, ci sarà Stefano Onofri, affiancato da più personaggi. Hanta è un uomo surreale, che vive in un magazzino sottoterra, dove imballa ogni tipo di carta (giornali, manifesti, libri) e con una pressa ne fa delle balle dentro cui mette un libro. Il mondo di Hanta è un luogo di mezzo, tra la realtà brutale e le fogne popolate di topi che lottano per la sopravvivenza. L’omino addetto allo smaltimento dei rifiuti, adora i libri che manda alla distruzione e parla coi topi e i fantasmi di Hegel, Kant, Schiller e Camus. È un artista della “balla di carta” e raccoglie religiosamente i libri che gli altri hanno buttato. In un flusso di memoria degno di Joice, racconta la proprie comiche “memorie del sottosuolo”. È un piccolo eroe, colto suo malgrado grazie ai libri che ha scovato negli anni, che sta alle porte di una nuova era, quella delle macchine e degli uomini luccicanti, che non fanno differenza tra carta e libri. Il suo mondo nel sottosuolo è magico, popolato da uomini rifiutati dalla società, ma allegri e bizzarri. Ci sono zingari, giornalisti che scrivono sempre lo stesso articolo, raschiafogne istruiti, scrittori, filosofi, divinità. E poi, c’è la sua piccola zingara innamorata, alter ego dell’anima compassionevole di Hanta.  «Contrariamente a quanto accade oggi – ha dichiarato Giuseppe Di Pasquale, direttore dello Stabile di Catania- Hanta è come un monaco benedettino, che ha lo scrupolo di voler conservare e tramandare la cultura». «Hanta- ha spiegato l’autore Filippo Arriva- è un personaggio che non conosce il dramma, ma la fantasia. Quando si darà la morte, lo farà per sublimarsi. È perennemente ubriaco di birra e parla con i suoi fantasmi e con Cristo. Hanta è un distruttore di libri, ma quei libri lo hanno aiutato a vivere e gli hanno donato la poesia che il mondo non ha più. È uno Charlot, miscela struggente di poesia e spacconeria, di malinconia e comicità. È il padrone assoluto di una pantomima sulla contemplazione e sul godimento che essa porta». « La storia – ha detto il regista Francesco Randazzo- è metaforica di una situazione generale. Abbiamo lavorato sul voler ricreare un mondo di fantasia che scorre come una commedia leggera, che ha in più il dono della parola scritta. Hanta riesce a ricreare una nuova realtà, non perché sia un rivoluzionario, ma perché è l’unica cosa che può fare. Se tutti avessimo cura di tramandare e conservare, la realtà sarebbe vissuta in modo migliore. Questa è la storia positiva di un uomo che dallo scarto riesce a ricavare bellezza e poesia, a trasformare tutto il modo intorno a sé». «Mi sono riconosciuto molto – ha affermato l’attore Stefano Onofri- con questo personaggio. Anch’io mi sono formato nel “sottosuolo” teatrale. La cultura ci permette di scoprire cose meravigliose e di assorbirle sotto la pelle. Hanta è passione, cuore, per lui tutto vale, anche la sporcizia, e tutto può convivere per vivere come in paradiso». Allo spettatore non resta che accogliere dentro di sé questa purezza perduta, questa libertà della fantasia e questa poesia.

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