Emma La Spina: voglio che la gente sappia…voglio giustizia


emma la spina
La scrittrice Emma La Spina

Emma La Spina, dopo quattro anni dal suo ultimo libro, torna in edicola con “Come fossi una bambola”,  piemme edizioni. Protagoniste quattro compagne di vita e sventura dell’autrice che come lei hanno vissuto l’infanzia in un orfanotrofio.

L’intervista a Emma La Spina

Come nasce questa nuova idea letteraria?

La scrittrice Emma La Spina. Foto Daniele Trovato
La scrittrice Emma La Spina. Foto Daniele Trovato

“In realtà due le ho “seguite” nel corso delle loro vicende, mentre le altre le ho incontrate anni fa, dopo la pubblicazione dei miei primi due libri. Tutte e quattro, in modo diverso, hanno espresso il desiderio di essere presenti in un mio racconto. Due di loro, purtroppo, a causa della loro tragica fine, non potranno riconoscersi. Avevo idea di scrivere un libro sulle mie compagne, in modo da rendere palese la situazione di sofferenza “oltre le mura dell’istituto”, per cui mi è venuto facile esaudire le loro richieste”.

Dopo i primi due libri autobiografici diventa la portavoce del dolore di altre donne. È stato difficile convincere le protagoniste a parlare del proprio passato?

“Dopo le prime titubanze le mie amiche, pian piano, hanno superato i loro disagi e complessi. Sapevo che tutto quello che dicevano era incompleto. Mi accorgevo dal tono della voce, dalle loro reticenze, che il pudore spesso fuorviava le parole o le bloccava. Ho avuto bisogno, per tirar fuori le realtà più scabrose, di tatto e buonsenso. Raccontare, pian piano, per loro e per me era diventata una medicina necessaria”.

Quanto è stato difficile ripercorrere quegli anni?

“I momenti della mia giovinezza, con molto dolore, li ho rivissuti durante la stesura dei miei primi due libri ma nuovi ricordi, nuovi episodi sigillati nella mia mente e nel mio cuore, che non ho narrato, sono sopraggiunti vividi e dolorosi. L’obbligo, per esempio, da bambine in collegio, di ingoiare le nostri feci come particolare punizione, era stato rimosso dalla mia mente ma con il racconto di una delle mie compagne è ritornato più vivo che mai”

“Chi non è amata, non esiste” è una frase forte del libro che riassume la sofferenza affrontata. Le sue amiche oggi ce l’hanno fatta, esistono?

“No, non esistono! Due disgraziatamente non ci sono più, le altre due si sono smarrite”.

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La copertina del libro di Emma La Spina

Si può andare avanti anche quando tutto sembra finire?

“Il mio libro, pur essendo un atto d’amore, non dà speranze. Non c’è per queste persone un futuro migliore. Non si può andare avanti in queste condizioni. Si è vivi e basta. Qualche volta incontro altre mie compagne, ricordo che eravamo in orfanotrofio più di mille, le quali sembrano ancora legate ai tempi terribili della fanciullezza. Ripetono e rivedono con ossessione momenti, fatti e situazioni di quel periodo, come malati di mente. Chi le osserva, si rende conto della loro difficoltà di esistere. Una di loro, ad esempio, quando casualmente la rivedo mi afferra le braccia, mi tocca le mani, mi accarezza il viso, perchè sente il bisogno patologico di attenzioni. Vedermi allontanare, per lei è una vera tortura”

Cosa si aspetta da questo nuovo libro?

“Voglio che la gente sappia, che tutti conoscano questa storia. Voglio giustizia, mi aspetto che le istituzioni funzionino meglio e che i servizi sociali si rendano conto della patologia prima della cancrena. Mi aspetto in definitiva, forse, un’utopia”.

 

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