Eugenio Casucci: Mangiare bene è possibile, ci vuole conoscenza alimentare


Eugenio Casucci Eugenio Casucci presidente vicario APC, agricoltura e agroalimentare AIAS .Foto Brunella Bonaccorsi
Eugenio Casucci presidente vicario APC, agricoltura e agroalimentare AIAS .Foto Brunella Bonaccorsi

Eugenio Casucci, presidente vicario APC, agricoltura e agroalimentare AIAS (Associazione professionale italiana ambiente e sicurezza) prova a spiegare la necessità e l’importanza dell’assunzione di un ruolo attivo e diretto del consumatore nelle proprie scelte alimentari.

Qual è il consiglio che Eugenio Casucci si sente di dare al consumatore?

“Il consumatore dovrebbe cercare di educarsi, di mostrarsi più disponibile alla comprensione dei processi che permettono la fruizione dei beni alimentari. In una mia massima affermo: noi siamo quello che mangiamo. Fondamentale importanza acquisisce, quindi, anche la conoscenza della sicurezza alimentare“.

Cosa significa, oggi, sicurezza alimentare e in cosa si differenzia dagli altri tipi di sicurezza?

“La sicurezza alimentare è assolutamente diversa dagli altri tipi di sicurezza, in primis, per la sua universalità: riguarda ognuno di noi, ognuno di noi mangia e ognuno di noi ha bisogno di essere sicuro su quello che mangia.”

Come si struttura la sicurezza alimentare?

Eugenio Casucci durante l'intervista. Foto Brunella Bonaccorsi
Eugenio Casucci durante l’intervista. Foto Brunella Bonaccorsi

“Oggi risulta necessario strutturare la sicurezza alimentare su più livelli, è nata dunque la cosiddetta “sicurezza di filiera”. Si parte dalla sicurezza che riguarda la produzione della materia prima, per proseguire poi nel monitoraggio delle varie fasi successive di trasporto, conservazione, trasformazione e, in alcuni casi, di trattamento, ad esempio nelle cucine del ristorante, fino al consumo del prodotto agroalimentare. Si tratta dunque di un processo molto lungo e complesso dove le responsabilità di ogni fase possono ricadere una sull’altra. La FAO, trattando di security and safety, differenzia tre livelli di sicurezza: il primo si basa sull’esigenza quantitativa necessaria di cibo, il secondo cerca di garantire la qualità e la salubrità degli alimenti, e il terzo livello, infine (spesso dimenticato), si riferisce alla sicurezza degli addetti ai lavori in tutte le fasi delle filiera, dal contadino al ristoratore”.

Se lei dovesse fare una panoramica concreta sulla reale sicurezza di questi tre livelli, a che conclusioni giungerebbe?

“Onestamente l’attenzione alla sicurezza è ancora molto esigua e relativamente presente, soprattutto a causa, mi permetta l’espressione, dell’ignoranza e del menefreghismo del consumatore. In alcune eccezioni è sentita e divulgata in maniera volontaria da alcune associazioni come ad esempio “slow food”, o le norme sono rispettate dalle grandi aziende, tuttavia, usualmente si susseguono errori casuali e frodi alimentare. Il quadro generale richiede sicuramente maggiore attenzione”.

Potrebbe fare degli esempi?

Eugenio Casucci durante il convegno Hub delle tecnologie. Foto Brunella Bonaccorsi
Eugenio Casucci durante il convegno Hub delle tecnologie. Foto Brunella Bonaccorsi

“Per quanto concerne la prima parte della filiera alimentare, la sicurezza quindi legata strettamente al terreno e alle sostanze utilizzate in esso, a fronte di esigue differenze di spese, molto spesso si preferisce ancora fare uso di prodotti nocivi e non a norma di legge. Per quanto riguarda la fase della trasformazione bisogna “L’unica forma di protezione possibile che tutti dovremmo utilizzare è il rispetto delle norme. Il consumatore, da parte sua, può tutelarsi tramite la conoscenza e l’informazione. Dovrebbe ad esempio essere in grado di saper distinguere l’aspetto estetico di un prodotto dalle sue naturali doti qualitative e nutritive. Un pomodoro o un peperone che dopo venti giorni in frigo mantengono un aspetto ottimale non sono di certo marchio di garanzia o di qualità. Purtroppo è anche vero che mangiare meglio costa di più”.fare una distinzione: se si tratta di grandi aziende e di grandi distribuzioni il livello di controllo, seppur molto standardizzato, è abbastanza alto; mentre se ci si avvicina alle piccole realtà o alle produzioni più specifiche di made in Italy, (che comprendono enormi varietà dal vino, all’olio, ai latticini), quest’ultimo si abbassa visibilmente e i rischi legati alla mancata sicurezza aumentano a dismisura. Infine, nel trattamento finale del prodotto, i rischi sono legati alla mancata osservazione delle norme nelle strutture di ristorazione”.

Ci conferma il dato che in Sicilia si produce circa l’ottanta per cento della produzione biologica del Paese? È vero che svariate volte il processo di filiera viene bloccato a metà percorso e il prodotto viene finito ed etichettato nelle regioni del Nord?

“Purtroppo sì. Capita anche di trovare prodotti etichettati in regioni dove la materia prima è totalmente assente, come ad esempio le arance”.

 In che modo dovremmo proteggerci da questi episodi?

“L’unica forma di protezione possibile che tutti dovremmo utilizzare è il rispetto delle norme. Il consumatore, da parte sua, può tutelarsi tramite la conoscenza e l’informazione. Dovrebbe ad esempio essere in grado di saper distinguere l’aspetto estetico di un prodotto dalle sue naturali doti qualitative e nutritive. Un pomodoro o un peperone che dopo venti giorni in frigo mantengono un aspetto ottimale non sono di certo marchio di garanzia o di qualità. Purtroppo è anche vero che mangiare meglio costa di più”.

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