Francesca Incudine: Musica e arte aiutano nei momenti difficili


francesca incudine
Foto di Tamara Casula

Dopo oltre due anni dal suo fortunato TARAKE’, l’album vincitore della Targa Tenco 2018 come miglior disco in dialetto, torna Francesca Incudine, una delle cantautrici più apprezzate nell’ambito della nuova world music.

Lo fa con un nuovo singolo dal titolo “Non è finita”. Francesca Incudine nasce ad Enna nell’’87. Si appassiona all’età di 13 anni ai tamburi a cornice.

Proprio in quegli anni comincia a studiare le percussioni e il canto per iniziare un percorso di formazione artistica che ad oggi continua a crescere e ad impadronirsi delle forme musicali che gli sono più proprie; tra queste, in particolari, la musica folk, di radice popolare che spazia fino alla world music.

È proprio su questo campo che da qualche anno ha intrapreso anche la strada della canzone d’autore, scrivendo e componendo in siciliano.

Francesca Incudine. Foto Tamara Casula

Tante già le esperienze artistiche che le hanno permesso di consolidare, dare nuova vita e linfa ad un percorso in continua crescita. Tra quelle più significative la partecipazione al Premio per la World Music dedicato ad Andrea Parodi che nel 2010 le ha fatto conquistare insieme alla Compagnia Triskele il primo posto con la canzone “Fimmini”, il cui testo porta la sua firma; numerosi i premi arrivati invece nel 2013 con il brano “Iettavuci” (Premio della Critica, Premio Miglior Testo, Premio Migliore Musica, Premio dei Bambini).

Francesca Incudine

Come nasce il nuovo progetto musicale ?

In questo progetto nascono prima le canzoni. Il titolo è “Voci fuori dal muro” e l’idea è quella di costruire dei singoli che sono in comunicazione tra loro. Queste canzoni sono nate nel periodo del lockdown dell’anno scorso, quindi in un periodo di isolamento e di grande crisi, ma che, nonostante tutto, mi ha dato la possibilità di far emergere quella che è la resistenza dell’arte. Questo “muro” dell’epidemia, da una parte ci mostra le difficoltà, ma dall’altra si fa trasparente perché ci ha permesso di riscoprire cose che ci sembravano dimenticate. Quindi, il titolo “Non è finita” ha questo significato, mettere in evidenza che ciò che sembra finito in realtà non lo è. Il singolo parla di una donna che, chiusa nella sua stanza, guarda un muro di rimpetto alla sua stanza e cerca di immaginare cosa c’è oltre.

Qual è il messaggio che vuole esprimere con il singolo “ Non è finita”?

Francesca Incudine. Foto Tamara Casula

Il messaggio è di resistere, perché al di là del muro c’è qualcosa. Questo primo singolo si collega agli altri che usciranno nei prossimi mesi e anche in questi testi si parla di muri, che si fanno visibili e crollano di fronte all’arte e alla musica, che proprio dai quei muri provengono. Sono molto legata a questo primo singolo, perché coincide con un cambiamento legato anche alla mia vita personale e l’intreccio tra arte e vita è fondamentale. Con questo nuovo singolo voglio parlare di speranza. La storia ci insegna che l’arte e la musica sono elementi che servono per superare momenti difficili e di crisi.

Questi nuovi singoli sono collegati tutti da un fil rouge: il muro. Per lei questo elemento ha un significato più profondo? È visto come una metafora?

Sì, esatto. Sempre più ci trinceriamo dietro dei muri, alziamo barricate contro il diverso, verso ciò che non conosciamo. Credo, invece, che occorra cercare quella crepa nel muro dalla quale entra la luce. Occorre fare spazio e allargare gli orizzonti intellettuali e relazionali. A breve uscirà il secondo singolo (e questa è un’anticipazione che le fornisco), che tratta della storia di un’attivista pakistana uccisa a Karachi. In questa città c’è un muro, dove lei è ritratta in un murales, un muro che continua ancora a parlare e ci racconta una storia. Quindi, i muri possono anche parlare, non solo dividere. Penso ai murales, di cui si servono i giovani per esprimersi. I muri non rappresentano solo chiusura, ma anche possibilità e speranza.

Francesca Incudine. Foto Tamara Casula

Nel nuovo singolo risalta la cura verso le parole e c’è un’atmosfera che è resa quasi sognante dalla scelta degli strumenti musicali. C’è una concordanza tra la parola e la musica che porta avanti il racconto. Si percepisce l’energia non solo siciliana, ma anche mediterranea in generale. Da quale tipologia musicale ha preso ispirazione?

L’idea musicale dei miei progetti musicali, vuole avere questo obiettivo, la concordanza tra parola e suono, e mi fa piacere quando ciò viene notato. Cerco di creare un linguaggio unico con il messaggio che voglio mandare. Certamente ne viene fuori una mescolanza sonora, tra una chitarra pop o il violino o gli strumenti greci e orientali. Mi piace giocare su questi livelli sonori, per raccontare in maniera sfaccettata. Fortunatamente collaboro con dei validissimi strumentisti.

Oltre ad una commistione musicale, nei suoi brani c’è anche una commistione linguistica, una mescolanza tra dialetto e italiano. Questa tipologia di musica la rappresenta?

Francesca Incudine. Foto Tamara Casula

Sì, ho sempre cercato di mettere al servizio della musica la parola. Mi servo della mia lingua madre, il siciliano, ma uso anche l’italiano in modo da poter essere sempre più intellegibile. Se si fa una scelta linguistica come questa, a volte si rischia di rimanere incompresi o poco comprensibili, quindi fornire una chiave di lettura può essere una strada da seguire, purché rimanga sempre affine al mio modo di essere e riconoscermi.

Nella sua musica si avverte il legame con la tradizione e i cantastorie della terra siciliana, come la Balistreri. Ma c’è anche il desiderio di essere autentici?

Sì, infatti. Questa è la mia musica e non amo essere classificata sotto un’etichetta. Sicuramente ci sono dei legami con la tradizione della Balistreri, o con Carmen Consoli o Battiato, ma un’artista è fatto di ciò che vive, legge e sente.

Che tipo di musica preferisce ascoltare?

Ascolto qualsiasi genere musicale, perché mi affascina molto l’aspetto antropologico della musica. Nei miei geni c’è di certo la musica mediterranea, le grandi signore della musica etnoworld, Amalia Rodriguez, i Radiodervish, ma non mi dispiacciono le nuove sonorità, come la musica indie del momento, la trap e così via.

Qual è la canzone alla quale è legata in modo particolare, sia del suo repertorio che di quello altrui?

Per ciò che riguarda le mie canzoni, sicuramente sono legata all’ultima, perché è quella che in questo momento mi rappresenta di più. Invece, per quanto riguarda gli altri artisti, posso dire che lego i miei momenti di vita a delle canzoni in particolare. Attualmente, nelle mie corde risuona la canzone dei Radiodervish che si chiama “Esigenza”.

Secondo lei quali caratteristiche deve avere una “buona” canzone?

Francesca Incudine. Foto Tamara Casula

Deve risuonare. Quando compongo una canzone (di solito la scrivo a mano su un foglio), deve rappresentare il momento che vivo, come una fotografia. Nel momento in cui la faccio ascoltare a qualcuno, capisco che funziona se è capace di far risuonare le corde emotive dell’ascoltatore.

La musica le ha dato la possibilità di viaggiare molto. Qual è il viaggio che le ha dato maggiori emozioni?

Il più intenso è sicuramente quello compiuto in Pakistan, dove ho portato la mia musica. Ho cantato in un contesto storico e culturale impegnativo. Lì la donna ha ancora tantissime restrizioni e son salita sul palco, con le spalle scoperte per motivi di scena. Potermi esibire liberamente, ha rappresentato una conquista, sia emotivamente che culturalmente. Inoltre c’è stato uno scambio culturale, perché ho suonato con i ragazzi del conservatorio che hanno cantato in siciliano.

Nelle sue canzoni c’è un punto di vista femminile. C’è qualcosa che vorrebbe mettere in evidenza come donna siciliana?

Spesso percepisco che secondo alcuni una donna, che soprattutto fa musica in dialetto, potrebbe avere una situazione sfavorevole. Credo che ancora, bisogna lavorare molto per poter raggiungere nel campo musicale, come in altri, il giusto riconoscimento della donna. Ancora oggi, si pensa che una donna non possa fare l’artista e contemporaneamente la madre, invece non è così. Si tratta di antichi retaggi e occorre scardinare molti pregiudizi, magari facen

Francesca Incudine. Foto Tamara Casula

do rete.

Quali sono i suoi hobby preferiti?

Mi piace molto costruire, fare il bricolage, scrivere, colorare, cucinare.

Cosa vorrebbe trovare Francesca dietro il muro?

Ho tanti sogni. Al di là del muro mi auguro di trovare sempre la meraviglia, il dubbio, la sensibilità e soprattutto di ritrovarmi presto sopra un palco tra l’applauso del pubblico. Abbiamo tutti bisogno di musica e cultura.

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