Margherita Mignemi: “La politica non dovrebbe entrare in teatro”


“Si creano troppe illusioni attorno al mondo dello spettacolo e chi spera di fare questo mestiere non deve sentirsi un supereroe”. Nel piccolo, ma accogliente camerino della vulcanica Margherita Mignemi, tra fiocchi e vaporose sottogonne, discutiamo amabilmente dei suoi personaggi, della sua storia e del complicato ma affascinante mondo in cui vivono gli attori. “Nel nostro lavoro bisogna rubare dai grandi i trucchi del mestiere”.

Margherita Mignemi nell’edizione 2013 del Paraninfo di Luigi Capuana ha vestito i panni di Vennira Matamè, il personaggio più esilarante di tutta la commedia. Quali sono le caratteristiche del suo personaggio? Su quali punti ha lavorato per realizzare la naturale irruenza e comicità che il ruolo richiedeva?

“Gioco molto sulla fisicità, sui vezzi e sull’esasperazione di alcuni particolari. Mi diverto molto a costruire e realizzare questo tipo di personaggi. Un punto di forza sulla scena è sicuramente il connubio con l’altra zitella, Olivia Spigarelli, mia sorella nella scena; insieme siamo molto forti e creiamo un movimento di grande coesione. Sfruttiamo le nostre qualità preponderanti per creare una forte attrazione sul pubblico. Durante lo spettacolo il pubblico ha riso, si è divertito ed è stato partecipe e questa per ogni attore è la soddisfazione più grande”.

Lei è per lo più attrice comica. Le piacerebbe interpretare un ruolo drammatico? Come si sentirebbe a vestire i panni di un personaggio travagliato, triste e non comico?

“Mi piacerebbe tantissimo e credo che, senza falsa modestia, sarei anche brava; finora però nessuno mi ha mai fatto fare mai un ruolo drammatico. Dovrei essere io a fare uno spettacolo in cui mi pongo da attrice drammatica. Tanti anni fa ho fatto uno stage a Firenze, molto particolare, in cui ho interpretato un ruolo prettamente drammatico. Chi è comico riesce a dare vita in modo ottimale ad  entrambi i ruoli; viviamo tutti d’etichette e penso che sarà difficile, per ora, vedermi in un ruolo drammatico, ma prima o poi farò anche questo”.

In “Una donna di casa” di Vitaliano Brancati ha interpretato due ruoli in lingua ad alto livello culturale. Qual è la differenza tra un’interpretazione in lingua e quella in dialetto?

“Il dialetto è la nostra lingua natia ed è inutile negarlo; è più facile, per me, recitare in dialetto e di conseguenza un ruolo in lingua richiede più impegno. È fondamentale lo studio per qualsiasi ruolo si faccia, in modo da non avere alcuna difficoltà sulla scena”.

Ha compiuto trentasei anni di attività teatrale; dall’alto della sua esperienza professionale ci spiega come mai le scuole di teatro sfornano tutti primi attori? Come mai è facile riconoscere subito un giovane attore?

“Tutto questo dipende anche da chi sono i maestri che educano i giovani aspiranti attori. Io ho avuto la fortuna di avere dei veri maestri che mi hanno insegnato come agire e vivere nel mondo teatrale. I ragazzi quando escono dalla scuola, purtroppo, si sentono già grandi attori e non c’è errore più grave”.

Quanto conta l’umiltà in questo lavoro?

“Tantissimo, perché pensare e comportarsi da attori arrivati è segno di enorme ignoranza. È il peggiore errore che si possa fare. Io ho avuto modo di lavorare, in particolar modo all’inizio, con attori come Turi Ferro, Pino Micol, Paolo Brogi, Giuseppe Di Martino … mostri del Teatro dai quali umilmente cercavo d’imparare e rubare il mestiere. La gavetta è fondamentale per intraprendere questo mestiere; seguire e imparare dagli attori più grandi è doveroso. Oggi c’è meno gavetta rispetto a ieri; basta una telefonata, purtroppo, per far andare avanti anche chi non lo merita. Ci sono anche giovani bravi, ma non è giusto che la politica entri anche a teatro”.

È inutile negarlo ma la Tv dà grande popolarità; il personaggio di Crocifissa, la moglie poco attraente del signor Litterio, ha accresciuto la sua notorietà. Come riesce a separare la vita  pubblica da quella privata?

“Quando mi riconoscono è sempre fonte di gioia; sicuramente è più gratificante quando la gente mi riconosce per Margherita Mignemi l’attrice e non solo per Crocifissa. Il pubblico è sovrano, lo spettatore deve essere sempre rispettato ed è giusto rispondere sempre con un grande sorriso anche quando per motivi personali non si è felici di farlo. La stessa cosa accade anche quando si è in scena e non si ha voglia nemmeno di guardarsi allo specchio, ma si deve sorridere per amore del pubblico, perché i momenti no possono capitare a tutti, attori inclusi”.

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