Triangle, il documentario che dà continuità alla memoria nel tempo


Costanza Quadriglio, regista del documentario Triangle
Costanza Quadriglio, regista del documentario Triangle

Il nuovo film della regista siciliana Costanza Quatriglio, Triangle, narra di due tragedie sul lavoro lontane nel tempo.  La sua macchina da presa si focalizza sul crollo della fabbrica “Triangle” di New York nel 1911 e quello della palazzina di Barletta nel 2011. Dopo un secolo, le vittime sono ancora le donne, sfruttate prive dei diritti più elementari che lavorano in condizioni di precariato. Il film accosta le due storie attraverso le immagini del passato e del presente, quelle di donne arse vive nell’incendio e quelle di coloro che sono rimaste seppellite dal crollo. Colei che dà voce alla tragedia è Mariella Fasanella, unica superstite del crollo a Barletta, che nonostante i terribili ricordi, ha ancora il coraggio di voler continuare a lavorare e di ricominciare. Triangle, girato con passione dalla Quatriglio, ha vinto il premio Cipputi al 32°TFF, con la motivazione di essere un documentario che dà continuità alla memoria nel tempo. Il film, una produzione Doclab, FactoryFilm con Rai Cinema e in associazione con Istituto Luce Cinecittà, uscirà nelle sale il 12 febbraio. Abbiamo intervistato Costanza Quatriglio che ci ha raccontato del film, del premio e del suo incontro con Mariella.

Come è nata l’idea di girare Triangle?

Quando la FactoryFilm mi ha mostrato le immagini della fabbrica Triangle di New York del 1911, dell’incendio, delle immigrate italiane che hanno perso la vita. Guardando quel materiale, mi è venuto in mente che avrebbe potuto essere interessante per un film accostare l’incendio del 1911 al crollo della palazzina a Barletta del 2011, perché era una ferita ancora aperta.

Una sequenza del documentario Triangle. Le operaie al lavoro
Una sequenza del documentario Triangle. Le operaie al lavoro

Ha intrecciato due storie lontane nel tempo. Quali sono le similitudini e le differenze?

Le similitudini sono gli esseri umani che hanno delle aspettative, dei desideri e delle capacità di lavoro. Poi, lo sfruttamento, l’accettazione di un sopruso. La differenza è che nel 1911 si stava aprendo la stagione del taylorismo, che da una parte registrava le regole della fabbrica, del lavoro sotto padrone, dall’altra dava le basi affinché si potesse costruire una lotta, per affermare i propri diritti e un miglioramento della propria condizione. Oggi tutto questo sembra essere cancellato, dimenticato. Manca la capacità di capire che si può migliorare e si vive in una condizione di frustrazione. Il datore di lavoro è povero quanto l’operaio.

Dopo un secolo, pare che non sia cambiato tanto.

Qualcosa è cambiata. Non è cambiato l’essere umano, il rapporto con la macchina è sempre lo stesso, quello che è cambiato è la condizione e il contorno.

Cosa ci può raccontare di Mariella Fasanella, unica interprete del film?

Lei è una testimone. Ha vissuto in prima persona il crollo e la ricostruzione interiore. È stata estratta viva da sotto le macerie, per cui è come se venisse dal sottosuolo. Ha una saggezza, un’intelligenza e una sensibilità straordinarie, dovute sicuramente al tipo di esperienza che ha vissuto.

Triangle, le operaie in fabbrica.
Triangle, le operaie in fabbrica.

Lei narra di donne. È un caso o desiderava effettivamente puntare l’attenzione sul lavoro femminile?

Le donne fanno parte degli esseri umani e considero questo film incentrato su di essi. Anche se l’aspetto del femminile è importante soprattutto per l’idea che si può ricominciare quando a crollare è una civiltà intera, fondata sul mito della forza.

Con questo film ha vinto il premio Cipputi al Torino Film Festival. Che esperienza è stata?

È un premio molto importante e quindi mi ha fatto molto piacere. Ho dedicato il premio sia alla città di Barletta che ai familiari delle vittime del crollo, ma soprattutto a Mariella Fasanella, la quale ancora oggi non ha un lavoro.

Attualmente, sta lavorando a nuovi progetti?

Sì, sto lavorando ad un progetto con una grande produzione, ma  preferisco non anticipare altro.

 

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