Vitalba Andrea: “Non ci resta che ridere”


“Ridere, ridere e ancora ridere, solo così possiamo combattere il quotidiano”. Le parole dell’attrice Vitalba Andrea, protagonista femminile della commedia, “Il Paranifo”, di Luigi Capuana, nell’ambito della stagione teatrale 2013, “L’Arte della Commedia”, del Teatro Stabile di Catania.

Lo spettacolo è diretto da Francesco Randazzo, scene e costumi sono di Dora Argento, le musiche di Nino Lombardo, i movimenti coreografici di Silvana Lo Giudice, e le luci di Franco Buzzanca. “La società e le scelte di chi ci rappresenta stanno sottoponendo tutti a troppe prove, sempre più difficili, ma l’unico modo per andare avanti è non piangersi addosso” spiega l’attrice etnea.

Dopo dieci anni ritorna allo Stabile di Catania la celebre commedia, di tradizione siciliana, “Il Paraninfo”; cos’ha di nuovo quest’edizione rispetto alle precedenti?

“Questa è un’edizione rivoluzionaria, perché la linea registica scelta da Francesco Randazzo è molto innovativa; infatti tutto si svolge nel dopoguerra, con le musiche tipiche del periodo suonate magistralmente da Nino Lombardo. Ci sono alcune situazioni un po’ particolari, volutamente tra le righe, e i personaggi con le loro caratteristiche, a volte strane, attirano molto lo spettatore. Una versione completamente nuova che di tradizionale ha solamente il testo, in quanto tutto è completamente stravolto, diverso e molto divertente”.

Vitalba Andrea nei panni di Rosa Minnedda, protagonista femminile della commedia. Quali sono le caratteristiche del suo personaggio?

“Il mio è un ruolo di servizio al primo attore, Angelo Tosto, e a tutti gli altri. I dialoghi tra me e Don Pasquale Minnedda sono fondamentali, perché attraverso essi si conosce la storia. Rosa Minnedda è un personaggio strano; infatti parlo in falsetto, ho dovuto lavorare molto con la voce,  rido sempre, scherzo con tutti i personaggi. Mi sono divertita molto ad interpretare questa parte. Se dovessi definire la mia Rosa Minnedda con una sola parola potrei classificarla, senza dubbio, come una donna gioiosa”.

La direzione dello Stabile ha deciso di dedicare la stagione 2013 alla commedia; una scelta particolare, vista l’attuale situazione, in un momento in cui è più facile piangere che ridere. Come giudica tutto ciò?

“Una scelta importante, una decisione che si preoccupa del pubblico, poiché l’attuale situazione economica, sociale e morale che viviamo è davvero triste e demotivante ed è giusto che almeno a teatro si possa staccare la spina, non si pensi ai guai e si sorrida un po’. La gente deve avere la possibilità di dimenticare, almeno per due ore, tutto quello che la opprime. Non dimentichiamo che ridere fa bene alla salute e allunga la vita”.

Qualche anno fa ha vestito i panni della mamma di Rino Gaetano nella fiction dedicata al noto cantante scomparso. Un ruolo quasi muto che ha riscosso grande successo di pubblico e di critica. Esistono, secondo lei, personaggi difficili o facili da rappresentare?

“No. Bisogna trovare la chiave giusta per rendere un personaggio, anche piccolo, grande. L’impegno per ogni ruolo interpretato deve essere sempre al massimo, perché in caso contrario è meglio cambiare lavoro”.

Dal primo lavoro interpretato, “Come si rapina una banca”, all’attuale ultima fatica teatrale c’è un gesto, un vezzo o un oggetto scaramantico che porta con sé prima di entrare in scena?

“Prima d’iniziare uno spettacolo o di entrare in scena rivolgo, da quando non c’è più, sempre un pensiero a mia madre; cerco la sua benedizione. Inoltre porto con me in camerino alcuni oggetti come una rosa di pezza rossa e un cerchietto rosso; piccole cose per me dalla grande carica positiva”.

C’è un personaggio, fra i tanti, che ha interpretato e particolarmente amato?

“Questa è una domanda difficile, perché quando si studia un ruolo non si può non amare ciò a cui dai vita. Sono rimasta molto legata, forse,  alla mamma di Rino Gaetano, un personaggio molto particolare e forte. Mi ha dato molta soddisfazione il lavoro teatrale, “Da Giovedì a Giovedì”, di quest’estate al teatro Istrione; mi è piaciuto molto il ruolo interpretato con l’amico e collega Luigi Lo Cascio in “Diceria dell’Untore” di Bufalino. Ho amato tutti i miei ruoli, non saprei scegliere”.

C’è un ruolo che ancora non ha fatto che le piacerebbe fare?

“Ogni volta che studio un personaggio penso che sia il mio ruolo più grande ed importante; mi autoconvinco sempre di ciò, in modo da mettere un impegno maggiore. Mi sarebbe piaciuto vestire i panni di “Filumena Marturano”, ma sono cosciente di non poterlo fare, perché questo personaggio, secondo me, deve essere interpretato solo da un’attrice napoletana; se ci fosse però  un regista coraggioso che facesse l’adattamento in siciliano mi proporrei come protagonista”.

Esiste un futuro per i giovani attori?

“No, non esiste più un futuro in questo campo. Noi tutti in questo momento siamo con la paga minima sindacale e non si può più continuare in questa situazione così difficile. È giusto che tutti coloro che intendano intraprendere questa strada sappiano a cosa andranno incontro; infatti con questo mestiere non si può più vivere”.

Prossimi impegni lavorativi?

“Ci sono tante proposte da scegliere e decidere, ma da buona scaramantica preferisco, per ora, non parlarne, perché non c’è nulla di certo. Ancora non ho deciso”.

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