Vito Lo Monaco: “La mafia? Uno strumento per accumulare ricchezze”


Trentuno anni fa morivano per mano mafiosa Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Palermo ha voluto ricordare il mesto anniversario con una cerimonia al Teatro Biondo Stabile.  

A trent’anni di distanza dall’omicidio numerose scolaresche, presenti in platea e collegate via streaming tramite il Centro di Studi ed Iniziative Culturali Pio La Torre e Ansa Legalità, hanno ricordato insieme alle figlie di Rosario Di Salvo, al Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, alle forze dell’ordine e al Procuratore di Termini Imerese Alfredo Morvillo, fratello di Francesca Morvillo e cognato del giudice Giovanni Falcone, il sacrificio di Pio La Torre. Ha voluto partecipare con una lettera Laura Boldrini, attuale Presidente della Camera dei deputati,  che avrebbe dovuto essere presente ma che per impegni istituzionali non ha potuto presenziare. La commemorazione si è conclusa con lo spettacolo della Compagnia Marionettistica Popolare Siciliana “L’omo curaggiusu; vita e morte di Pio La Torre”, ispirato ad un racconto di Vincenzo Consolo e facente parte dell’iniziativa “Ciclo pupi antimafia”. La celebrazione in memoria del sindacalista e politico di Altarello di Baida è stata il frutto dell’impegno del Centro di Studi ed Iniziative Culturali Pio La Torre, attivo dal 1986, e del suo Presidente Vito Lo Monaco.

 

Signor Lo Monaco, cosa è cambiato in 31 anni nella lotta alla mafia?

“Dall’82 il mutamento radicale è stata la legge Rognoni- La Torre che ha introdotto la fattispecie del reato di associazione di stampo mafioso per la prima volta nel codice penale del Paese e poi l’autentica confisca dei beni ai mafiosi. Questa, diciamo, la modifica sostanziale che indica una cesura storica tra il prima e il dopo. Attualmente tutta la gente si chiede come mai, avendo ottenuto grandi successi, oggi parlate di espansione del fenomeno mafioso. Perché, appunto, il fenomeno mafioso è un’organizzazione, un sistema criminale che è compenetrato, strutturato nel sistema politico ed economico del Paese. Se non si rescinde questo nesso, non si rompe questa connessione, è chiaro che la mafia si riproduce”.

Secondo lei accanto alla mafia del cemento esiste ancora la mafia del latifondo?

“Mafia del latifondo, mafia del cemento. Sono definizioni, diciamo, giornalistiche. Nel senso che storicamente, nel momento in cui la struttura economica prevalente era il latifondo, la mafia era quella del latifondo. Nel momento in cui il capitalismo moderno si sviluppa e dal latifondo si interessa di nuovi fenomeni economici la mafia, che è un’organizzazione parassitaria, uno strumento per l’accumulazione di ricchezze, si trasferisce. Ma quando c’era il latifondo era anche in città. Ovunque c’è possibilità di arricchirsi”.

Ala commemorazione c’erano tantissime scolaresche, anche collegate in streaming. Cosa pensa di trasmettere ai giovani per quanto riguarda l’aspetto della lotta alla mafia, a favore della legalità?

“Questo è il nostro compito. Noi siamo una struttura, un’arena di discussione. Noi siamo un lievito che si sperpera nella pasta per fare il pane. Trasmettere conoscenza e quindi sollecitare la crescita e la coscienza. Ragazzi dovete sapere cos’è questo sistema complesso, che non è solo un fatto militare ma un fatto molto più complesso che riguarda la politica, l’istruzione, la vita economica e la società”.

Avete altri eventi in programma?

“Tanti, speriamo di poterli realizzare”.

 

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