Covid19. Gli studenti: “Avevamo tutto ma non ne eravamo consapevoli“


Gli studenti Covid19.

È trascorso un anno dall’inizio della pandemia. Le nostre vite in standby sono scandite da restrizioni, distanziamenti, isolamento e, soprattutto, dalle mascherine che coprono i nostri volti e i nostri sorrisi.
Gli studenti come stanno vivendo questo momento storico così particolare?
Lo abbiamo a quattro studentesse universitarie dell’Università di Catania: Giulia, Marta, Chiara e Silvia, tutte di differenti corsi di Laurea.
“Passiamo la maggior parte delle nostre giornate chiuse nelle nostre stanze, dove i protagonisti sono i computer e i relativi mezzi di comunicazione, che rappresentano l’unico strumento attraverso il quale possiamo continuare i nostri studi e una vita relativamente “normale” affermano in coro unanime.
“Le restrizioni continue vissute quest’anno hanno profondamente modificato la nostra quotidianità -afferma Giulia, studentessa della facoltà di Mediazione Linguistica e Interculturale a Ragusa-. Ci siamo inventati delle attività per passare nel migliore dei modi le nostre giornate. Ma con il passare dei mesi, ci siamo resi conto che la situazione era più complicata del previsto”.

C’è qualcosa che vi manca più di tutte? Anche in questo caso la risposta è a più voci.

“Avevamo tutto ma non ne eravamo consapevoli, ma si sa che le cose si apprezzano di più quando non le si hanno più”.

 

“Sappiamo tutti quanto siano importanti i contatti umani -aggiunge Marta, studentessa di primo anno in fisioterapia- specialmente per gli adolescenti e i ragazzi, in un momento di crescita, dove diventa fondamentale confrontarsi costantemente con i propri coetanei. Ci siamo confrontati spesso tra di noi chiedendoci cosa realmente fosse cambiato. E la risposta è: tutto”.

“Emotivamente ciò che pesa di più è il distanziamento sociale e interpersonale, che non consente di poter abbracciare gli amici e le persone più care, incrementando una sensazione di solitudine”.

Oggi sono in molti a soffrire di ansie e disturbi nel ritmo sonno-veglia. “Per noi uscire non significa, come in tempi “normali”, provare un senso di libertà, ma al contrario si avverte spesso un senso di paura nell’ allontanarsi dal posto più sicuro, la propria casa. E il timore di poter vedere i nostri cari ammalarsi, genera grandi ansie e preoccupazioni”.

Gli studenti: Serve ottimismo

Nonostante tutto le quattro studentesse guardano avanti con pensieri positivi. Vi va di dare dei consigli ai vostri coetanei? Chiediamo loro. Rispondono così: “Anche se stanchi e ormai abituati a vederci tramite uno schermo, dobbiamo restare ottimisti e pensare che tutto questo finirà prima possibile. Sicuramente è stato un anno di “stallo”, ma che ci ha permesso di conoscere meglio noi stessi, di riflettere e di imparare a controllare le nostre emozioni. Nonostante tutto, i nostri sogni per il futuro non sono cambiati”.

“La nostra speranza è di addormentarci e di risvegliarci in un mondo più sereno, per ricominciare a vivere”.

 

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