Il medico Fabrizio Pulvirenti: “Sfatiamo un luogo comune, i migranti non portano malattie”


Fabrizio Pulvirenti, il medico guarito dal virus ebola
Fabrizio Pulvirenti, il medico guarito dal virus ebola

“Inspiro a fondo e apro la porta. Gina è lì, con la faccia seria. Senza tanti giri di parole mi dà la notizia: ‘La PCR è positiva, sei contagiato’. Faccio qualche passo indietro, sento il bordo del letto contro le gambe, cado a sedere. Come è potuto succedere?” Così racconta la storia del suo contagio, della sua battaglia, e della sua vittoria il catanese Fabrizio Pulvirenti, che svolge attività di dirigente medico ad Enna e collabora con Emergency in La mia battaglia contro Ebola. La testimonianza, contenuta già in Zona rossa di Gino Strada e Roberto Satolli, Feltrinelli Editore, ora acquistabile anche come e-book, è stata presentata ieri, alla Feltrinelli di Catania, dove il medico ha incontrato il pubblico catanese e dialogato con Tiziana Tavella mentre i volontari di Emergency leggevano passi crudi, sinceri e  toccanti della sua esperienza in Sierra Leone. Di pochi giorni fa la notizia della totale scomparsa di Ebola, e poco dopo la triste smentita. In Africa sono presenti infatti altri casi di contagio, e secondo Fabrizio, il virus non sparirà mai completamente dal continente. Ebola che è presente fin dal ’76, dopo che uno scimpanzè fu aggredito dal

Fabrizio Pulvirenti
Fabrizio Pulvirenti

pipistrello, portatore del virus, si è espanso però epidemicamente  nel dicembre del 2013, quando un bambino di circa due anni, attaccato da un pipistrello, morì in poco tempo e contagiò in breve l’intero villaggio. Nel settembre 2014 l’intervento dell’ONU cominciò a finanziare organismi e associazioni no profit quali Emergency per fronteggiare l’epidemia. Ebola ha ucciso 11.500 persone e ne ha contagiate circa 29mila. Fabrizio Pulvirenti e Gino Strada nelle pagine di Zona Rossa, denunciano l’ingiustizia di un mondo diviso tra chi può curarsi e chi può solo fare il favore di morire senza infettare nessun altro, tra chi gestisce l’emergenza stabilendo linee guida burocratiche e chi resta in mezzo ai malati spendendosi in prima persona, tra chi costruisce strade per sfruttare le miniere e chi le percorre portando con sé un virus perché a casa propria non ha fogne né acqua potabile. Cercare di offrire agli umili e indifesi le stesse cure a disposizione dei ricchi e degli occidentali è un gesto rivoluzionario. “C’è una cosa che mi dispiace più di tutte, – ha detto Fabrizio Pulvirenti, a un certo punto- “Che per nessuno di loro è stato fatto tutto questo. Loro, i malati africani. Loro, i malati non occidentali. Si può, si deve, curare tutti nello stesso modo”. Ed è questo che cercano di fare gli operatori di Emergency accorpati dal lavoro parallelo dei volontari che anche  a Catania ogni giorno sono al servizio dei migranti appena sbarcati dai barconi. “Bisogna smentire inoltre i classici luoghi comuni, i preconcetti e le false percezioni, sui possibili contagi portati dai migranti – specifica Fabrizio Pulvirenti – Ebola è un virus che uccide in dieci giorni, nessuno potrebbe portarlo da noi sui barconi che affrontano viaggi di 2 mesi. Ebola, nei mesi del massimo contagio, poteva arrivare solo attraverso gli aerei di prima classe, o dagli operatori sanitari contagiati, proprio come me. Piuttosto sono loro, i migranti, che rischiano di ammalarsi e contagiarsi con malattie a loro sconosciute non appena giunti nella nostra terra e costretti a livelli di vita veramente pessimi”.

 

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