Giornata del Rifugiato. Una serata per l’integrazione


giornata del rifugiato

Catania ha partecipato alla Giornata Mondiale del Rifugiato. All’Arena “Nuova Adua” di via San Nicolò al Borgo si è celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato, organizzata da SPRAR Catania, sistema per richiedenti asilo e rifugiati,in collaborazione con il Consorzio Il Nodo e il Consorzio Sol.Co, il comune di Catania e numerose realtà del terzo settore.

Come Save the Children, L’associazione Penelope che lavora con le donne disagiate nel territorio,l’Arci, “La Locanda del Samaritano” che offre rifugio a chi non ha casa, Cooperativa Eleven, Arci Catania, MultiKulti Ashram, CIR, COPE, Isola Quassud, Manitese, Rete del Presidio Leggero Catania, Terre des Hommes, Don Bosco 2mila, Lila tutte realtà attive sul territorio che intessono una fitta rete di tessuto sociale.

Un momento di incontro e di interazione tra culture diverse, una festa che cerca di raccontare alla popolazione chi sono i richiedenti di protezione internazionale, oggi infatti sono milioni le persone in tutti i continenti costrette a fuggire dalle loro case a causa di persecuzioni, torture, violazioni di diritti umani, conflitti.

Si cerca di ”prestare attenzione alle tematiche dalla fuga dal proprio paese”- come dice Gabriele Spina, responsabile di progetto per il Consorzio Nodo “ Catania è una città multiculturale con una grande sensibilità, come testimonia la presenza delle quattordici sigle di ong e associazioni presenti all’incontro. “

La festa del rifugiato, è solo uno piccolo grande step inserito in un ampio ciclo di lavoro, uno scambio tra culture, pacifico e proficuo, uno dei tanti esempi di arricchimento e accoglienza che lo SPRAR fa a Catania.

Il principale momento di integrazione infatti-diceGabriele-parte dal luogo in cui dimorano i richiedenti asilo, mettere le persone in un casermone è un fenomeno che crea razzismo e xenofobia”

Lo SPRAR divide i richiedenti asilo in piccoli appartamenti e li fa vivere sin da subito dentro la città a contatto con essa, cercando cosi di far trovare valvole di comunicazione, per inserirli nella rete sociale

E molti dei ragazzi migranti,arrivati in Italia da più di un anno, autori della mostra fotografica che lo SPAR ha organizzato in occasione dell’evento “Catania e il futuro”, nella città sono molto integrati, la conoscono e la adorano nelle sue variegate sfaccettature.

Adesso che sono qua il peggio è passato e si sentono forti, come mi racconta una ragazza che nel 2011 è partita dalla Costa D’avorio e solo un anno fa è arrivata in Sicilia,”dopo la Libia il peggio è passato, adesso sono qua e Catania è la mia città.”

Le foto in concorso variano ritraendo vari squarci della nostra comunità, dalla Villa Bellini al mare, dalla pescheria col pesce fresco da mangiare alle feste della tradizione popolare, come quella di Sant Agata a cui hanno partecipato e da cui sono rimasti affascinati come mi dice Bako Lucienne, un ragazzone della Costa D’avorio, che in francese cerca di farmi capire che è a Catania che vorrebbe trovar la sua fortuna.

rifugiato-2Fino ad arrivare a una foto di due mani una nera e una bianca unite da un ramoscello verde, fatta da Balde Salif, diciotto anni, Senegal, perchè siamo tutti uguali mi dice, quando gli chiedo da dove ha avuto l’idea “ il verde mi dà serenità”. Quella tra i ragazzi è la foto più gettonata, tutti e mi chiedono di votarla per il concorso a cui partecipano le foto in mostra.

Creare la rassegna fotografica “Catania e il futuro” è stata un modo per conoscere meglio la città, mi racconta Carla operatrice all’accoglienza del Consorzio il Nodo, un esperienza che accresce notevolmente i rapporti personali tra gli operatori e i ragazzi della comunità.

Un modo per intensificare il legame tra i migranti e il territorio cercando di guardare al futuro attraverso l’uso di nuove tecnologie.

rifugiatoUna giornata di festa quella della Giornata Mondiale del Rifugiato trascorsa ieri alla “Nuova Arena Adua” che interrompe il Ramadan e si conclude con la proiezione del film FUOCOAMMARE, di Gianfranco Rosi vincitrice dell’Orso d’Oro alla 66esima edizione del Festival di Berlino documentario girato nel corso di un anno e mezzo a Lampedusa che racconta da un lato la vita sospesa di alcuni dei suoi abitanti e, dall’altro, quella drammatica dei migranti in esodo verso l’Europa.

Un modo per far entrare la cittadinanza italiana nell’ottica dell’accoglienza un momento di di integrazione che parte dal basso e cerca di sensibilizzarci tutti alle infinite tragedie del mare.

Articolo di Marta Mangione

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