Cellule staminali del cordone ombelicale: quello che una futura mamma dovrebbe sapere


A cura di: www.cellulestaminalicordoneombelicale.it

Diventi mamma, e sono già tante le cose che dovrai imparare: dalla postura corretta per evitare il mal di schiena con il pancione fino alle informazioni sulle pappe e lo svezzamento del bambino, più una miriade di altre cose. Fortunatamente, tra corsi preparto, mamme più esperte e informazioni cercate in rete o sui libri, generalmente si arriva alla data del parto con un buona preparazione generale (anche se, si sa, poi la pratica è un’altra cosa). C’è però un argomento su cui gran parte delle mamme non sono informate: conservazione cordone ombelicale e cellule staminali. Lo conferma anche un recente sondaggio condotto da ISPO Ricerche, secondo cui solo l’11% della popolazione italiana è davvero informata su temi come conservazione o donazione delle cellule staminali del cordone ombelicale.

Ma perché una futura mamma dovrebbe essere informata su questi temi? Semplice, perché l’unica occasione per non sprecare il prezioso patrimonio di cellule staminali contenute nel cordone ombelicale del loro bambino è proprio il momento della sua nascita, l’unico in cui sia possibile raccoglierle, prima che finiscano, insieme al cordone ombelicale, tra i rifiuti biologici. Ed è proprio questo che accade nel 97% dei casi oggi: le cellule staminali del cordone ombelicale non vengono raccolte e vengono gettate, senza che di esse si possa fare buon uso.

Ma quale uso? A cosa possono servire? Perché è importante non buttarle?

Le cellule staminali vengono già oggi utilizzate nel trattamento di oltre ottanta patologie, elencate nel decreto del Ministero della Salute del 18 novembre 2009. Tra le patologie trattabili con queste cellule figurano anemie, leucemie e disordini genetici. Ecco a cosa possono servire le cellule staminali. Queste cellule sono infatti indifferenziate ed hanno la capacità di auto rinnovarsi, cioè di produrre altre cellule staminali, ma anche di generare ogni altra cellula che compone il corpo umano. Proprio grazie a queste caratteristiche le staminali sono uno strumento estremamente interessante per la medicina rigenerativa, possono essere impiegate nel trattamento di numerose malattie, soprattutto onco-ematologiche e rappresentano un oggetto di studio promettente per i molti ricercatori che attualmente lavorano per trovare nuovi trattamenti a malattie oggi incurabili. Le cellule staminali, a seconda della loro origine, possono essere definite embrionali (cellule prelevabili dall’embrione che, però, viene distrutto durante il processo di prelievo, con inevitabili implicazioni etiche), adulte (le più utilizzate cellule staminali adulte sono quelle del midollo osseo) o cordonali (facilmente prelevabili dal sangue del cordone ombelicale al momento della nascita).

Ma come fare per raccogliere le staminali al momento della nascita? Prima di tutto è bene sapere che le staminali possono essere raccolte per essere donate oppure per essere conservate privatamente. Nel primo caso, con la donazione, si rinuncia alla proprietà di queste cellule e le si dona al sistema pubblico, che le utilizzerà per il primo richiedente compatibile. Nel secondo caso, con la conservazione privata, il campione di staminali raccolto viene conservato presso una biobanca privata con sede all’estero (come stabilisce la legge italiana) e viene mantenuto a disposizione del bambino da cui è stato prelevato o della sua famiglia che, in caso di bisogno, potrà averlo immediatamente a disposizione. Si tratta di due procedure assolutamente legittime e la scelta tra l’una o l’altra è privata e personale per ogni famiglia. Ciò che è fondamentale è però che si tratti di una scelta informata e che il prezioso campione di cellule staminali non venga gettato, come oggi troppo spesso avviene per mancanza di informazione.

 

Per maggiori informazioni: www.cellulestaminalicordoneombelicale.it

Articolo Precedente Coca-Cola Cup per la prima volta in Sicilia
Articolo Successivo Camera a sud, il vintage in stile swing

1 Commento

  1. Kate40
    17 aprile 2014
    Rispondi

    Un argomento interessante. E’ importante che lo diffondiate a un pubblico quanto più numeroso possibile. Gli ospedali e le cliniche si occupano di farlo?

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *