XVIII Congresso regionale FADOI a Catania


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Il 2 e 3 ottobre l’hotel Nettuno di Catania ospiterà il XVIII congresso FADOI, Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti, un appuntamento che sarà occasione di confronto e di aggiornamento scientifico sulla medicina interna. Abbiamo intervistato Caterina Trischitta, il neo-eletto presidente FADOI Sicilia per il triennio 2014-2016 e dirigente UOC presso il P.O “Gravina” di Caltagirone, che ci ha parlato dei cambiamenti avvenuti nella Sanità siciliana,  di tematiche scientifico-gestionali e della situazione attuale del medico internista in Sicilia. Secondo il parere della Trischitta “la formazione del personale, il rispetto delle linee guida scientifiche, il dialogo e il confronto miglioreranno il rapporto tra paziente e medico”.

Quali saranno gli argomenti del congresso Fadoi che si terrà a Catania il 2 e 3 ottobre?

Il congresso regionale dell’associazione Fadoi Sicilia è alla sua XVIII edizione. Per i medici internisti rappresenta un appuntamento irrinunciabile. La nostra società riunisce gli internisti che lavorano nelle strutture pubbliche e private. Si parlerà delle malattie col le quali lavoriamo abitualmente, come le malattie dell’apparato respiratorio, di quello vascolare e cardiologico. Inoltre, dei nuovi farmaci messi in commercio, come gli anticoagulanti orali per i pazienti affetti da fibrillazione. Ci sarà una sezione dedicata alla diabetologia. Verranno affrontati anche argomenti di tipo amministrativo-gestionale. Il professore Provenzano, parlerà della spending revew nell’ambito del diabete, perché siamo stati additati come la regione d’Italia che spende di più per i farmaci antidiabetici che sono ad alto costo. Gli interventi saranno tantissimi.

Chi interverrà al congresso?

Ci saranno relatori locali che rappresenteranno tutte le provincie della Sicilia e anche relatori nazionali, quali il presidente di Fadoi nazionale Mauro Campanini e il presidente eletto Andrea Campanella.

Qual è il ruolo del medico internista?

L’internista lavora in ospedale ed ha un ruolo centrale, perché secondo la legge italiana non è possibile che in ospedale non ci sia un reparto di medicina interna. Siamo rappresentati in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. I pazienti che si rivolgono al Pronto Soccorso sono in genere pazienti che hanno problemi di salute complessi, come gli anziani, con più di una patologia, che finiscono poi nei reparti di medicina interna.

Quali sono i nuovi approcci per intervenire nei casi di malattia?

L’approccio è molto cambiato. Prima c’erano solo le malattie acute, di tipo infettivo, come tifo, febbre di Malta. Adesso ci si ammala di malattie croniche legate al cambiamento dello stile di vita, ad esempio cardiologiche, cerebrovascolari, metaboliche, di infarto, ictus, cancro. Queste sono le malattie che colpiscono maggiormente l’essere umano. Per un altro verso si è assistito ad un allungamento della vita e il soggetto superando i 50 anni va incontro a questi tipi di malattie. Il modello che si usava prima era centrato sulla figura del medico. Adesso abbiamo bisogno di una medicina proattiva, centrata sul paziente e sui suoi bisogni. I pazienti che arrivano in ospedale sono poli-patologici e un solo medico non basta più, occorre una squadra.

Qual è la situazione attuale in Sicilia dei medici internisti?

La situazione attuale è abbastanza buona, perché nonostante ci siano stati dei tagli non si è pensato minimamente di toccare la medicina interna. Purtroppo abbiamo carenza di organici, sia di personale medico che infermieristico. Per motivi di spending review  non possiamo bandire concorsi per assumere.

La Sicilia è in linea con l’adeguamento agli standard tecnologici innovativi?

Per quanto riguarda la nostra branca, sì.  Noi usiamo strumenti come l’ecografia, la risonanza e così via.

Ci sono stati dei cambiamenti nella sanità siciliana in questi ultimi anni?

Sì, ci sono stati. Alcuni sono negativi, altri positivi. Tra i primi mi riferisco alla riduzione delle risorse e agli organici che si assottigliano. Ciò crea malumori e un carico di lavoro maggiore. Di contro, ci sono stati cambiamenti positivi che riguardano i processi di qualità e di sicurezza sia per i medici che per i pazienti.

Secondo lei, cosa si può fare per ridurre le liste d’attesa in ospedale?

Questo è un problema annoso che la Regione sta tentando di affrontare. Con noi ospedalieri hanno cercato di implementare il numero di ambulatori, quindi oltre a seguire i ricoverati, lavoriamo anche nei vari ambulatori specialistici. Ovviamente senza personale non si può fare più di tanto.

Quali sono gli obiettivi che si è prefissata come presidente di Fadoi?

Gli obiettivi a livello nazionale sono tanti. Ne cito uno: quello di cercare di fare in modo che sul territorio dell’isola si faccia una medicina basata sulle evidenze scientifiche, parlo di linee guida e di protocolli. Questo garantisce sia il malato, che verrà curato allo stesso modo in qualunque parte d’Italia, sia noi operatori nel caso in cui nascano conflitti tra medico e paziente che possono finire anche in tribunale. Se il medico riesce a provare che ha seguito una linea guida scientificamente validata su una terapia, non avrà problemi. M’ impegnerò molto nella formazione degli internisti e nel cercare di divulgare la cultura di lavorare secondo evidenza e non del fai da te. È importante seguire le linee guida che sono periodicamente aggiornate. Un altro obiettivo è di migliorare i rapporti con i medici di famiglia, affinché abbiano gli strumenti per seguire in modo migliore i pazienti.

Lei opera a Caltagirone dove vicino c’è oramai un paese multietnico, Mineo col centro per gli immigrati. Avete osservato emergenze nuove?

Il C.A.R.A di Mineo fa riferimento all’ospedale di Caltagirone. Ci sono tanti immigrati che sono ricoverati o che partoriscono lì. Abbiamo rivisto malattie come la tubercolosi. Ma non ci sono difficoltà particolari. Nella struttura ospedaliera ci sono i mediatori culturali. Lavoro da tre anni a Caltagirone e questa esperienza mi ha molto arricchita.

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