Per Piovani un lungo abbraccio in forma di ovazione


“Nell’Intimità Compone Opere Lasciando Ai Posteri Infinite Orchestrazioni, Vivaci Arie, Notturni Interludi”. Questi versi di Benigni sull’acronimo di Nicola Piovani rendono, forse meglio di ogni altra espressione, il senso della musica di colui che è considerato tra i più apprezzati compositori e direttori d´orchestra contemporanei.

 

 

Dai cinegiornali per gli studenti di Filosofia nella Roma sessantottina fino all’Oscar, nel 1999 per la colonna sonora de “La vita è bella”. Con tante collaborazioni in mezzo: Da Monicelli a Bellocchio da Fellini fino allo stesso Benigni. E senza contare la valanga di premi e riconoscimenti internazionali. Sul palco dello spirluccicante Teatro Bellini di Catania Nicola Piovani è da considerare senza dubbio una delle maggiori guest star di questa stagione sinfonica 2012. Lui, una nebbia di capelli e una bianca barba rada ha lo sguardo sfuggente dei timidi ma un sorriso schietto e appagato quando raccoglie applausi e saluti dalla platea incantata. Poi quando prende per mano l’orchestra del Teatro Massimo Bellini impone la sua personalità e la sua musica si alza altissima. Ecco allora la “Suite Moretti”: dalla dolorosissima e composta partitura de “La stanza del figlio” che si impone con il garbo di un pianoforte e la straziante partecipazione di un solitario clarinetto; dall’inquietudine di “Caro Diario”, una vertiginosa, infinita sequenza ora ironica ora meditabonda, fino  allo pessimismo della ragione e all’ottimismo delle volontà de “La messa è finita”. Una prima parte del concerto che il pubblico del Bellini accoglie con applausi calorosi. La seconda parte, con Piovani non più al piano ma sul podio, si apre con le note da “La notte di San Lorenzo” prima e “Good Morning Babilonia” poi, le cui partiture a nostro parere, tra le quattro per i Taviani,  sono forse le più vere, le più accorate e calde: quelle cioè in cui l’amore per i paesaggio, per il mondo rurale, per l’epos popolare e delle tradizioni ancestrali di un popolo si dispiega meravigliosamente: insomma davvero un manifesto in musica dell’humus memoriale dei Taviani. Poi il pubblico composto della prima del Bellini quasi quasi lo segue sul pentagramma del tema de “La vita è bella”, una sorta di gioco enigmistico – a sentire lo stesso musicista – un tema cioè con note vicine, senza salti tonali, che l’ha definitivamente consacrato. Si finisce nel sogno e nell’utopia del cinema con il Fellini de “La voce della luna” e “Ginger & Fred”: Piovani sembra davvero riprendere lì dove Morricone aveva finito con “Amarcord”.

Scalpitano compostamente pure gli orchestrali in mezzo alle acclamazioni: sospettano anche loro che la musica di Nicola Piovani sopravviverà alle sequenze per le quali è nata. E alla fine di un concerto che gli appassionati del Massimo volevano non finisse mai niente titoli di coda. Solo un lungo abbraccio in forma di ovazione.

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