Il ruolo della donna oggi: Occorre tracciare un quadro chiaro


ruolo della donna L'avvocato Lucia Tuccitto. Foto Brunella Bonaccorsi
L'avvocato Lucia Tuccitto. Foto Brunella Bonaccorsi

Ogni anno arriva il mese di marzo che mette al centro del dibattito l’attenzione all’universo femminile, e come ogni anno, ci interroghiamo e facciamo il punto della situazione.

Occorre tracciare in maniera schietta e diretta il quadro in cui si esplica il ruolo della donna nella società di oggi, all’interno del sistema paese Italia.

In Italia, il lungo cammino delle donne verso la parità e la piena cittadinanza politica abbraccia il periodo che va dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, ovvero, dalla conquista del diritto di voto alle più recenti politiche di pari opportunità.

Ruolo della donna: le disuguaglianze

Lo spunto di riflessione non può non partire da alcuni numeri che segnano la realtà delle cose:

Nell’indice sull’uguaglianza di genere 2020, elaborato dall’EIGE, l’Italia ha ottenuto un punteggio di 63,5 su 100. Tale punteggio è inferiore alla media dell’UE di 4,4, punti.

Le disuguaglianze di genere sono più marcate nei settori del potere (48,8 punti), del tempo (59,3 punti) e della conoscenza (61,9 punti), del lavoro (63,3).

Nonostante, più di 50 anni, di politiche per l’uguaglianza di genere a livello europeo, abbiamo ancora numeri strettissimi e disuguaglianze profonde.

Ecco la prima, lampante, riflessione: bisogna incidere nei settori del “potere”, “dei tempi di conciliazione”, della “cultura paritaria” e del lavoro.

Un filo sottile lega questo percorso, per nulla virtuoso. L’assenza di partecipazione delle donne nei luoghi dove la volontà popolare diventa norma.

Con riferimento alla presenza delle donne nella vita delle Istituzioni, e per quanto riguarda gli organi delle regioni, ad esempio, la presenza femminile nelle assemblee regionali italiane si attesta:

in media intorno al 21,9% a fronte della media registrata a livello UE, pari al 34,2%.

Ruolo della donna: La differenza fra regioni

Sono Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Valle d’Aosta, le ultime rimaste sprovviste del regolamento per l’uguaglianza tra donne e uomini al voto.

Queste non si sono ancora adeguate alla legge nazionale 20/2016, “Rappresentanza donne e uomini nei consigli regionali”, pensata per la parità, ma che di fatto permette alle donne, in netta minoranza, di avere una rappresentanza politica.

Prendiamo ad esempio la Regione Siciliana, 18 donne su 70 deputati e in giunta c’è una sola “assessora”.

Eppure, ancora, in Sicilia non esiste una legge elettorale che imponga per l’elezione dell’assemblea regionale, la doppia preferenza di genere.

Siamo agli sgoccioli della legislatura, ed il parlamento siciliano rappresentato per l’80% da uomini, non ha trovato il tempo, di adeguare la normativa elettorale regionale alla legge nazionale per favorire la parità di accesso alle cariche elettive.

Nella Regione siciliana, attualmente, la legge in vigore prevede soltanto la presenza di un terzo per ciascun genere nelle liste provinciali per il rinnovo dell’Ars, e l’alternanza uomo-donna nel listino regionale.

Quello che manca, per segnare, una netta inversione di tendenza è proprio la possibilità di esprimere la doppia preferenza di genere, perché essa diventi uno strumento importantissimo di riequilibrio.

Ed ecco che il filo conduttore ci porta subito alla seconda riflessione: il passaggio culturale. Occorre la consapevolezza nella società, tutta, che il problema dell’uguaglianza di genere e con essa della rappresentanza femminile, non è una questione che riguarda solo le donne, ma riguarda tutti.

La conciliazione dei tempi lavoro -famiglia, pone nella società italiana sulle spalle delle donne un gap enorme:

l’11,1% delle donne italiane che ha avuto almeno un figlio, nella vita non ha mai lavorato per prendersi cura dei figli, un valore nettamente superiore alla media europea che si attesta intorno al 3,7%.

Il ruolo della donna nel mondo del lavoro

È vero che molte diseguaglianze di genere nascono, già, con l’ingresso della donna nel mondo del lavoro, ma si accentuano non tanto con la formazione della famiglia quanto con la maternità.

Ciò a causa del peso dell’assistenza , complice anche la crisi, che dallo Stato inadempiente, ricade sulle famiglie, ed in pratica sulle donne.

Le conseguenze della crisi occupazionale, causata dall’emergenza sanitaria, hanno avuto ripercussioni prevalentemente sulle componenti più vulnerabili del mercato del lavoro -giovani, donne e stranieri-, sulle posizioni lavorative meno tutelate e nell’area del Paese, il Mezzogiorno.

Ruolo della donna: L’occupazione femminile

In Italia, l’occupazione femminile costituisce un ‘problema’ strutturale e centrale nell’economia da affrontare

predisponendo una strategia di attacco, anche in quanto, la criticità costituisce, al tempo stesso, una ‘opportunità’ per uscire dalla crisi.

Ciò può avvenire attraverso il potenziamento delle infrastrutture a sostegno di una migliore conciliazione dei tempi di lavoro-famiglia.

Per quanto riguarda il meridione ,si tratta di vera e propria costruzione delle infrastrutture , attualmente , totalmente deficitarie, sia per quanto riguarda le politiche di rappresentanza.

Altra questione, è il bisogno di un salto culturale per pensare alle politiche di conciliazione come politiche uomo-donna. Vi è ancora infatti l’idea diffusa che la conciliazione sia soprattutto un problema che riguarda le donne.

Ecco che il filo conduttore si riavvolge e ritorna da dove siamo partiti: Potere, Tempo, conoscenza e lavoro, i concetti da attuare per una eguaglianza reale.

I fondi del PNRR, pertanto, devono essere impiegati per eliminare queste criticità strutturali.

E’ anche arrivato il momento di pensare a nuovi strumenti, a nuovi metodi di intervento statale, sia sul piano delle della verifica del raggiungimento degli obiettivi sia, degli organi deputati a dare impulso alle azioni da porre in essere.

Avvocato Lucia Tuccitto- Presidente ADGI – sezione di Catania.

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