Il viaggio a piedi dei Compagni di Cammino è arrivato alla fine


compagni di cammino viaggio a piedi

Il viaggio a piedi dei Compagni di Cammino è arrivato alla fine. Si concludono qui il diario e un’esperienza fantastica, densa: di luoghi, di incontri, di meravigliose visioni. L’addio al mare Ionio, l’apparizione del Tirreno dopo l’ultima salita, lo spartiacque che fa cambiare la direzione del vento e l’orizzonte. Le isole Eolie appaiono sullo sfondo blu, profili conici quasi evanescenti dopo aver visto per giorni le coste vicine della Calabria e la luce dell’Est.
L’ultima tappa sui monti Peloritani è la più bella ed è un trionfo di contrasti. Lasciamo il fantastico monastero benedettino di Pezzolo che ci ha ospitati e saliamo per un sentiero ripido e stretto, camminando fra fitti cespugli di erica arborea e ginestra spinosa, ciuffi di “erba tagliamani”: robustissima, la intrecciavano le donne per impagliare le sedie. Pochi pini, sparuti alberi, scendendo cominciano le coltivazioni di agrumi. Incrociamo strade forestali sassose, oggi percorse da cacciatori in mimetica e fucile in spalla. Capitiamo in mezzo a una battuta al cinghiale e gli spari fanno pensare a una inutile guerra. Si avvisano via radio che stiamo passando. Ma non ci lasciano tranquilli. IMG_1721Incrociamo anche ciclisti con caschetto e tutine, un escursionista solitario e un gruppo di rumorosi e puzzolenti centauri su moto da cross. Poi ritorna il silenzio. Mangiamo sul crinale, siamo una quarantina. Un vento pungente ci accoglie quando arriviamo in vista di Capo Milazzo. Ma il cielo è benigno: ci ha donato una settimana tersa e tiepida, senza pioggia, poche nuvole solo sulle cime.
Ci avviamo a vivere un’altra notte stellata, l’ultima. Ma fortunatissima, perché ci aspetta un evento eccezionale: il concerto di campane e tamburi della Katabba, tradizione millenaria di Monforte San Giorgio (Messina) suonato solo per noi viandanti. La Katabba è un rito che segna il passaggio dell’isola dalla dominazione araba e musulmana a quella normanna e cristiana. Avviene una volta l’anno, tra gennaio e febbraio. Non era mai successo che la Katabba uscisse dai confini della tradizione per essere suonata in occasioni diverse da quella rituale. Ma anche il viaggio dei Compagni di Cammino non è stato convenzionale. Così come non lo è il sindaco di Monforte, Giuseppe Cannistrà, 31 anni, giovane devoto alla sua terra e ai suoi riti (quello del Capello di Maria è fortissimo fra i monfortesi e non solo) ma con lo sguardo al futuro: free wi-fi in Comune, democrazia partecipata con le associazioni, ecologia come stile di vita (riciclo dei rifiuti, promozione di comportamenti consapevoli dal risparmio di acqua alla pulizia e mappatura dei sentieri). Sembrano cose ovvie nel terzo millennio, eppure non lo sono: l’Italia resta un Paese arretrato, qui in Sicilia si vede purtroppo molto.
Cannistrà ha portato in piazza l’intero paese per accogliere i viandanti, annunciando il loro arrivo con manifesti e mettendoli tutti a tavola davanti al municipio, offrendo piatti semplici e squisiti: pane e olio extravergine locale, maccheruni fatti in casa. La festa era cominciata a Pellegrino, la gente alle finestre e gli zampognari Nicola e Piernicola, zio e nipote (di 9 anni), a segnare il passo suonando questi incredibili strumenti antichi fatti di pelle di pecora. Poi un rinfresco a base di succo di agrumi bio, la foto di gruppo di rito, l’ospitalità nell’antico convento che si sta trasformando in ostello, la visita guidata dalla voce fantastica di Rosa e l’emozionante Katabba finale.

Qui il diario finisce perché è finito il viaggio. Ho camminato con questa carovana festosa e un po’ guascona dall’Etna fin quasi al mare Tirreno, sette giorni, una settimana intera condividendo cibo, giaciglio e compagnia, spartanamente, alla maniera degli antichi pellegrini ma con il privilegio di moderne attrezzature: tessuti ultraleggeri, scarponi morbidissimi, zaini ergonomici. Ho goduto della compagnia di guide di grande esperienza, che mi hanno fatto sentire accudita e protetta, mi hanno insegnato a guardare la natura e a camminare in modo lento e consapevole, con ritmo e senza affanno, apprezzando la fatica invece di esserne sopraffatta, vivendo con piacere e consapevolezza quello che via via appariva al mio sguardo. Con la certezza che solo a piedi si può vedere quello che ho visto, fare gli incontri che ho fatto, arrivare nei luoghi dove sono arrivata. San’Alfio e la sua terra nera, Fiumefreddo e la riserva naturale, lo splendore purtroppo violato di Taormina e l’Isola Bella, l’immenso lungomare fra Giardini Naxos, Savoca, Santa Teresa e Furci, le valli umide e fertili di Fiumedinisi e Itala, poi Pezzolo e Monforte. Non sarebbero stati gli stessi se ci fossi arrivata in automobile. Il cammino ha un potere straordinario; quello di aumentare la realtà, ben più di come dicono di fare certe tecnologie. Camminando si vede di più, si vive di più si ricorda di più. E così porterò con me questo pezzo di Sicilia fatto a piedi, ringraziando la Compagnia dei Cammini e Nanni Di Falco, guida siciliana e suo presidente, magnifico organizzatore e convinto sostenitore del viaggio a passo lento. Sicani, Nebrodi, monti Iblei: ce n’è di cammini da fare qui (www.cammini.eu). Io ci ritorno presto, e voi?

Articolo Precedente Giornata contro la violenza sulle donne, giustizia per Stefania Noce
Articolo Successivo Giovani detenuti cureranno interventi di ripristino nel vecchio San Berillo

2 Commenti

  1. elena taverna
    28 novembre 2014
    Rispondi

    Fantastica l’espressione: “camminare aumenta la realtà”, è proprio così brava Alessandra e pensare che basta così poco per poterlo sperimentare..

  2. 1 dicembre 2014
    Rispondi

    Grazie Elena! Anch’io la penso come te. Un abbraccio e buon cammino

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *