Mania vintage anni Novanta: torna il Tamagotchi


Tamagotchi

Chi ha vissuto la propria infanzia negli anni ’90, quasi certamente avrà avuto tra le mani un Tamagotchi, l’animaletto virtuale custodito in un portachiavi a forma d’uovo, che bisognava accudire, nutrire e con cui giocare, stando attenti a non trascurarlo a tal punto da farlo morire. Divenuto oggetto cult in quel periodo, con i suoi pigolii e le sue esigenze fisiologiche, a distanza di 21 anni è tornato e pronto a far esplodere una nuova mania. Per tutti i nostalgici e le nuove generazioni, la Bandai Namco, l’azienda giapponese produttrice del Tamagotchi, ha lanciato in questi giorni una nuova versione ispirata a quella originale del 1996 ideata da Aki Maita, che all’epoca fu spinta dal desiderio di avere un animale domestico da tenere sempre vicino. Momentaneamente disponibile solo in Giappone, il nuovo modello si presenta con gli stessi animali, le stesse funzioni ma con caratteristiche estetiche diverse: è più piccolo e il display  è quadrato e non più rettangolare.

Una prima operazione revival era stata già avviata nel 2013, quando l’azienda nipponica aveva messo  nuovamente  in circolazione il Tamagotchi sotto forma di App per smartphone, con il nome di Tamagotchi L.i.f.e, dove Life è l’acronimo di love is fun everywhere (l’amore è divertente ovunque). Anche in quel caso, lo scopo era prendersi cura di un animaletto virtuale cliccando su dei pulsanti, con la differenza che poteva evolversi attraverso nuovi personaggi, scenari e accessori, come avviene per gli altri giochi basati su forme di vita virtuali. E poi c’era il touchscreen, che semplificava alcune operazioni, mentre attraverso la rete internet era possibile condividere le proprie esperienze di affido virtuale dando anche una connotazione social al gioco.

Dopo le 37 versioni realizzate, 76 milioni di pezzi venduti, senza contare i diversi videogame, film, fumetti e una serie animata, la nuova versione del 2017, prodotta in controtendenza con le nuove tecnologie odierne, lascia quindi intendere che quella della Bandai Namco sia stata un’operazione nostalgia, senza comunque tralasciare le aspettative di successo che si prevede assicurato.

 

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