Il palazzo Beneventano della Corte riapre i battenti con “L’amore è Salvo”


palazzo Beneventano della Corte
Foto Enrico Gras

Ed eccole ancora insieme le vulcaniche donne di “Liber… Arti”, che sabato scorso ci hanno accolto nella magnifica cornice di palazzo Beneventano della Corte, con “L’amore è Salvo 2. La vendetta”. Ancora una volta Rossana Bonafede nei panni dell’unica protagonista ha recitato i testi di Lorena Salerno; ancora una volta il minimalismo scenico ci ha catapultati in un’ovattata rappresentazione esistenziale nella più svariata enumerazione di tipi umani.

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Foto Enrico Gras

Una platea, tanto vicina alla scena da divenirne parte, una parete damascata, una porta dal sapore ottocentesco, e poi loro, i protagonisti, unici attori, Rossana e il leggio. Duettano in armonica simbiosi, loro, lui le porge le parole, lei le coglie e ce le trasferisce in un gioco emozionale di ritmi vocali e mimiche facciali.

Foto Enrico Gras
Foto Enrico Gras

Dopo Sabbatoruccio fidanzato di Castagnedda, che irrompe sulla scena passando per la platea in un’improponibile mise “mammoriana” accompagnata da un lessico che “non fa una glinza”, arriva la bionda ossigenata, fresca di smalto, con generoso decolletè e pizzo nero perché, si sa,   “L’apparenza è quella che conta”, diplomata al tecnico regionale femminile, ci tiene alla cultura lei, ma poiché nessuno fa niente per niente, sposa il “dos ut des” e forte dei successi ottenuti con l’elezione condominiale a “capo scala A” cerca spazio in politica. Poi c’è Nunzia, donnina di tutti i giorni, senza grilli per la testa, dedita alla famiglia, madre di “Consueloooo”, innamorata di Sabbo “nano cuttu”. Infine c’è Pina, con quel suo essere siciliana, femmina e donna, debole e forte, vinta ma invitta, meditatrice, di una vendetta ascosa, ma drammaticamente confessa.

Vendetta che si compie, vendetta che si percepisce in una chiusa finale che vede la protagonista su un’isola deserta quasi metafora di un io femminile, consapevole del proprio benessere psico-fisico in assenza dell’uomo che l’ha fatta soffrire. Un’immagine, questa, presto superata da una nuova articolazione dell’alfabeto d’amore, perché vendetta sia, ma alla fine, si sa, l’amore sempre salvo è.

 

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