Vi presentiamo il nostro pretesto per una messa in scena


Quando tre giovani talentuosi innatamente appassionati di teatro si ritrovano insieme davanti ad un testo letterario di un autore conterraneo del secolo corso, interessante sebbene poco conosciuto…e poi questi giovani hanno un’inventiva straordinaria,  creatività, spirito di iniziativa e il coraggio d’affrontare difficoltà d’ogni sorta e, soprattutto, una platea ignara e incuriosita…il pretesto per una messa in scena nasce e si sviluppa con indiscutibile successo. Questo ciò che si percepiva nell’atmosfera di un teatro Piscator pieno di gente emotivamente spiazzata e molto soddisfatta dello spettacolo appena conclusosi: La Siracusana, riadattamento del testo di Giuseppe Antonio Borgese a cura della giovane attrice Paola Roccuzzo. In collaborazione con l’attore Damiano Pellegrino e la danzatrice Alice Billò. Uno spettacolo  che vuole essere un’ esperimento di teatro-danza, creato quasi per gioco “un pomeriggio che riuniti per discutere di eventuali progetti, idee per fare qualcosa insieme portai ai ragazzi questo testo che mi aveva letteralmente stregata” mi dice un’emozionatissima Paola “I ragazzi hanno accettato e si sono lasciati guidare da ciò che io sentivo e volevo fare su e con questo pezzo. Lo spettacolo è nato veramente con altre caratteristiche ma ha assunto un corpo ed un o svolgimento lineare man mano che vi lavoravamo” Ed è ricucito perfettamente nell’intento, rivelandosi una piéce coinvolgente catturando l’attenzione e la sensibilità di un pubblico affascinato dall’interpretazione “esasperata”di Damiano, “il Borgese che s’immedesima nel narratore, uomo ormai sciupato dall’ossessiva figura della “Siracusana” che alberga nell’intimo della sua memoria; di lei ricorda il fascino folclorico accentuandone, al contempo, l’ingenua purezza. Quest’uomo ha bisogno di ripercorrere la storia. La memoria di quella donna diventa la sua quotidianità, il suo vizio, ciò di cui ha bisogno per sopravvivere. E non ha altra fuga se non il ricordo e l’immaginazione. Per lui la figura della zia Clementina diviene oggetto di tante nuove, perverse, anomale creazioni che, figlie della chimera delle passioni umane, sono pure visioni.” spiega Damiano
E poi la sensualità delle movenze di Alice, brava  anima ballerina  della Siracusana; ed ancora la tragicità della figura di Paola, corpo della Siracusana. A rendere il tutto più suggestivo una scenografia semplice ma emblematica e silenziosa protagonista di questa  “riflessione sulle incongruenze e sulle contraddizioni delle peculiarità dell’essere uomo, dell’esclusività della memoria, nasce il nostro “pretesto per una messa in scena”.

Com’è nata l’idea di questo pretesto per una messa in scena, come  2 giovani attori ed una danzatrice arrivano a pensare di realizzare una rappresentazione di teatro-danza in realtà più complessa di quanto appaia?

Come accennavo prima, ricordiamo tutti e tre quando, alla ricerca di testi in occasione di un festival, leggemmo “La Siracusana”.  Capimmo subito che il racconto d’inizio ‘900 di Giuseppe Antonio Borgese, seppur legato ad un ambito letterario, era talmente “vivo” da essere perfettamente consono alla rappresentazione teatrale . Decidemmo di dedicargli un’intera performance. Ponendo sott’osservazione parole e corpo e il necessario legame fra entrambi, abbiamo sentito il bisogno di rappresentare la realtà quotidiana in modo spontaneo ed immediato, con assoluta libertà interpretativa, seguendo l’istinto e rifuggendo da mezzi già collaudati. Da qui lo sviluppo di un personaggio ossessionato, angoscioso, e due donne, ognuna alter- ego dell’altra, che noi abbiamo immaginato essere due aspetti diversi della “Siracusana”. Non abbiamo voluto porre freni a niente; perciò non abbiamo definito il nostro uno “spettacolo” ma semmai “un pretesto per uno spettacolo”. È qualcosa che è sempre in divenire. Sempre un po’ vago, incerto. Crediamo che l’incertezza sia prossima all’umanità. Per questo il nostro “pretesto” è sempre vivo. In prova abbiamo reinterpretato, con la freschezza tipica della nostra giovane età, una realtà diversa dalla nostra scoprendo che non è poi così lontana. E siamo rimasti disorientati, increduli. La scommessa è stata conciliare la verità del testo e il nostro stupore.

Perché proprio questo testo di Borgese, così forte, drammatico, impegnativo? Che cosa vuol rappresentare e che messaggio vuol dare al pubblico?

Abbiamo voluto portare in scena la “legge dell’onore” legandola al pittoresco folclore della donna Siciliana, ancorata all’obbedienza e al silenzio. La riflessione sta in come, oggi, questo “nomos” si è tradotto. “La Siracusana” è un testo che manifesta, ancora oggi, una realtà tutt’altro che anacronistica rispetto alla posizione della donna siciliana all’interno della collettività. È in questo che sta la tragicità, più che nel suicidio finale della “Zia Clementina”. Abbiamo voluto smascherare ogni forma di discriminazione sociale nascosta sotto il sentimento del “pudore”; e soprattutto abbiamo voluto incriminare la mancanza di autodeterminazione del sesso femminile. Tutto è mediato dal racconto del protagonista, tramite cui la storia della “Siracusana” prende vita. Il monologo non presenta una sola ed unica chiave di lettura, ma ha sfumature diverse. Il personaggio di Damiano apre svariati spunti di riflessione. Nulla sappiamo della sua vita effettiva, potrebbe essere chiunque o qualsiasi cosa. Ma ciò che emerge in lui è il suo immedesimarsi con la vita della ”Zia Clementina” che egli rievoca tramite il ricordo. Egli da inizio alla “perpetua illusione”, che si manifesta attraverso l’esclusività della memoria e che mantiene ancora viva la storia della donna. Il dramma è lui perché lui è lo specchio delle incongruenze e delle contraddizioni dell’essere umano.

Cosa vi aspettate da questo spettacolo?

(Risponde Damiano)Che il pubblico comprenda le ragioni della nostra scelta, cioè l’esigenza di reinterpretare la tradizione in chiave moderna. Ma anche che il pubblico si incuriosisca ed osi scegliere di vedere qualcosa che non sia il teatro a cui è abituato ad assistere, che si lasci andare, che dia fiducia ai giovani come noi, e ve ne sono tanti di veramente capaci e creativi, cercano di proporre qualcosa di loro o reinterpretare ciò che il teatro esistenze e della tradizione offre.

Progetti futuri ancora insieme?

(Prende la parola Alice)Prima di tutto vogliamo pensare a questo spettacolo, quindi concentrarci su queste due serate dedicate a questo racconto di Borgese. Far conoscere al pubblico di questa città questo lavoro che ci vede insieme per la prima volta, poi chissà magari nel nostro futuro nasceranno altri “pretesti”, per essere in tema! Speriamo inoltre di poter trovare altri teatri disponibili, pronti ad accogliere noi e questo spettacolo così da farlo girare in altre zone di Catania e provincia.

E considerato l’entusiasmo con cui il pubblico in generale lascia la sala, commentando quello a cui ha assitito, lo auguro a loro e lo auguriamo a noi pubblico;che sempre più di frequente si possano trovare in giro esperimenti e pretesti teatrali innovativi i quali assieme al teatro classico, canonico, della tradizione possano esprimere il  Teatro del futuro.

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