L’arte dell’intreccio. Silvia Onofri, la cestaia di Dagala


Silvia Onofri, la cestaia di Dagala
Silvia Onofri, la cestaia di Dagala

Impara l’arte e mettila da parte, non in questo caso, quando si tratta di un’arte antica a rischio di scomparsa, ma soprattutto se quest’arte ti entra dentro e decidi di farne un vero e proprio lavoro.  Lei non è siciliana anche se ormai da tanti anni vive e lavora qui, si chiama Silvia Onofri e dopo averla vista all’opera, tra rami di salice e ulivo, rapiti dalle sue mani  in continuo lavorio e ben segnate dal contatto continuo con rami e fusti, la tentazione di saperne di più su di lei e sulla sua scelta è stata forte. Siamo andati a intervistare Silvia Onofri a Dagala del Re, frazione di Santa Venerina, terra che incoraggia la produzione di cose belle malgrado le difficoltà. In passato, l’arte dell’intreccio non si poneva come una vera e propria attività artigianale, piuttosto come un’abilità comune a molti contadini, che apprendevano nell’adolescenza e a cui si dedicavano tra una pausa e l’altra. Oggi invece i cesti realizzati a mano sono quasi oggetti da collezione, gradualmente sostituiti nella quotidianità da contenitori realizzati in altri materiali.  Nonostante tutto, l’arte dell’intreccio resiste ancora ed in Sicilia si producono ancora svariati tipi di cesti, panieri e canestri  realizzati rigorosamente in giunco, vimini e canna, grazie al lavoro di alcuni cestai storici, come Antonino Carbonaro, Giuseppe Gallo e “Don Luciano”, validi testimoni di questo antico mestiere, in cerca di successori altrettanto appassionati.

L’intervista a Silvia Onofri

 In Sicilia “il cestaio è uomo”, è strano e al contempo affascinante vedere una donna alle prese con tale attività. Da dove nasce questa passione per l’intreccio?

Silvia Onofri
Silvia Onofri

Non sono siciliana, ma sto trovando qui le radici che cercavo. Vivo alle pendici dell’Etna: tra mare  e montagna in un terreno di cui stiamo cercando di farne fonte di autonomia e sussistenza. Da sempre ho ammirato i capolavori che mani di contadini riuscivano a costruire nei tempi morti della campagna e un giorno guardandomi attorno nella mia proprietà mi sono detta che volevo riuscire a sfruttare anche il canneto, usandolo per farne qualcosa di utile.

 Dove ha avuto modo di formarsi?

Ho cercato per un po’ di tempo dei corsi di intreccio, non trovandone mi sono arresa. E’ stato immediatamente dopo che passando in una strada del mio paese ho visto un signore seduto sulla soglia del suo garage intrecciando rami, ho messo da parte la timidezza e gli ho espresso il mio desiderio di imparare. Per un inverno quasi una volta alla settimana sono andata da lui, imparando la sua arte. E’ stato molto bello anche perché fortunatamente il signor Nello è una persona deliziosa dall’intelligenza critica non comune da queste parti. Il mio percorso è poi continuato casualmente incontrando un altro maestro di Randazzo, il signor Munforte che seppur da lontano mi ha guidato verso nuovi, per me, materiali che mi hanno dato la possibilità di imparare sempre di più e verso un maggior rigore nella tradizione siciliana. Ho poi fatto un corso a Roma tenuto dall’associazione Salice Vivo in cui ho imparato una tradizione di intreccio asturiana, sono stata anche in Spagna per tre giorni per un corso internazionale di intreccio, ho ancora molto da imparare e da scoprire da tutto il mondo e spero di non fermarmi mai.

 Si può vivere oggi di quest’arte? Quali sono gli ambiti in cui è più apprezzata e che futuro può avere?

Silvia Onofri
Silvia Onofri

Non so se si può vivere di quest’arte qui. Ci sto provando piano piano portando avanti anche la campagna, la sussistenza alimentare e la famiglia. E’ difficile, il lavoro è tanto se si fa bene senza trucchetti. Un po’ di materiale lo compro, ma l’altro va raccolto, come l’ulivo e le canne, al momento giusto, pulito, fatto seccare; e se si considera tutto questo lavoro il prezzo di un cesto non potrà mai essere basso come le persone desiderano ormai abituate alla sovrabbondanza di merci cinesi e non. Altrove il lavoro di artigianato in genere è maggiormente apprezzato.

 Tra le cose che fa, ci sono laboratori per grandi e piccini. Qual è il messaggio che vuole trasmettere da maestra d’arte?

L’idea dei corsi nasce banalmente dalla necessità di integrare le scarse vendite. Ovviamente non è solo questo. Anche se non mi sento maestra d’arte ho deciso comunque di provare a trasmetter questi saperi che si stanno perdendo, per evitare che succeda e per mostrare soprattutto ai più piccoli quanto quello che ci circonda in natura ci può veramente dare tutto quello di cui abbiamo bisogno, dai rami di piante possiamo costruire con l’abilità delle mani, da riscoprire, molte cose di uso quotidiano ed anche oggetti belli per noi. Mi piace anche mostrare la solidità e la durata di questi manufatti, “nonostante” la loro sostenibilità, della plastica non ce ne sarebbe proprio bisogno ed anche se qualcosa si rompe in questo caso non va certamente ad ingrossare le discariche e ad inquinare.

 

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3 Commenti

  1. Raffaele
    18 novembre 2015
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    Complimenti per la tua bravura e soprattutto per la tua dedizione e voglia di portare avanti arte e valori antichi ormai perduti.

  2. rosa alioto
    18 novembre 2015
    Rispondi

    Anch’io, mi sono appassionata all’arte dell’intreccio.
    Ho frequentato un corso che si tiene a Milazzo
    Tramite l’università della terza età. La LUTE.
    Lavoro col midollino e poco con i materiali naturali.
    Sei molto brava!!! Lì vendi?

  3. nancy
    24 novembre 2015
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    Ne approfitto per segnalare il prossimo corso di intreccio a cura di Silvia in un posto magico, quale Monte Ilice a Trecastagni…presso il Ma.Ma Farm e l’azienda agricola Volzone..il 6 dicembre per l’intera giornata! Per chi volesse saperne di più 3391536838

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