Pif: “Mi ha riempito di orgoglio ricevere il Premio Mario Francese”


Per la prima volta nella sua storia il Premio giornalistico Mario Francese, legato alla memoria del cronista del Giornale di Sicilia ucciso dalla mafia il 26 gennaio 1979, è stato assegnato non all’autore di un’inchiesta ma a Pif, regista, sceneggiatore e attore protagonista di un film. “Non sapevo che si trattasse della prima volta – ci ha spiegato Pif – sono onorato. Ho ricevuto il premio Mario Francese grazie a Mario Francese, perché se non fosse stato per lui o per la gente come lui, probabilmente non avrei fatto un film sulla mafia. Mi sono sentito abbastanza in colpa quando ho scoperto di aver vissuto per una ventina d’anni a pochi chilometri da dove è stato ucciso e di non esserne a conoscenza. Questo premio mi riempie d’orgoglio”.

Pif, com’ è nata l’idea di scrivere il film?

“Quando sono arrivato a Milano ho capito che c’era una certa ignoranza in fatto di mafia e così, a forza di spiegare cos’era la mafia ho iniziato anch’io a leggere ed informarmi”.

Chi ha scelto il titolo?

“Il titolo è stato scelto per caso. Una mia amica mi chiedeva di venire a Palermo e io le ho spiegato che non potevo perché stavo scrivendo un film sulla mafia. Così, per scherzare, lei mi ha chiesto se avessi paura di essere ammazzato ed io le ho risposto: “No, tanto la mafia uccide solo d’estate!”. Poi il mio produttore ha sentito questa frase e l’ha scelta come titolo del film”.

Questo è stato il suo primo film da regista. Ha incontrato difficoltà?

“No. So che la televisione e il cinema hanno due linguaggi diversi. Della televisione mi piace l’immediatezza. Il cinema è un’altra cosa”.

pif
Il regista Pif

Nel film ha evidenziato l’aspetto umano dei giudici “eroi” e ha descritto i pericolosi capi mafia in modo ironico. Perché questa scelta?

“Noi tendiamo a mitizzare Falcone e Borsellino. In realtà, tutti possiamo essere Falcone, perché lui non aveva i super poteri. Così come gli altri che hanno combattuto la mafia. Se li pensiamo come esseri viventi ci rendiamo conto di quanto queste persone siano state grandi e straordinarie nella loro normalità. La mia idea era di raccontarli nella loro quotidianità, sia i buoni che i cattivi”.

Qual è stato il momento in cui ha capito che la mafia esiste?

“Nel 1992, con l’attentato di Falcone e Borsellino. Avevo 19 anni. Dopo, per tutti i siciliani c’è stato un cambio di mentalità”.

Come nasce la sua collaborazione con Addio Pizzo.

“Avevo conosciuto i ragazzi di Addio Pizzo per una puntata de Il Testimone di MTV. Di solito, le produzioni che girano un film a Palermo pagano il pizzo. Io non volevo fare un film contro la mafia e pagare il pizzo, mi sembrava insensato. Ho girato quattro settimane a Palermo senza pagarlo”.

Perché ha scelto la Capotondi come protagonista e non un’attrice siciliana?

“È stata la scelta di Flora bambina ad indirizzarmi. Infatti, ho scelto per primi i protagonisti bambini. La Capotondi era perfetta per interpretare la parte di Flora, ragazza della Palermo bene che non si accorge di vivere a contatto con la mafia”.

Quale donna siciliana che apprezza?

“Apprezzo professionalmente Carmen Consoli. Sa esprimere la propria personalità senza cadere nel cliché. Il suo essere siciliana è un modo per aprirsi al mondo, non per chiudersi. Teresa Mannino mi è molto simpatica perché tira fuori l’essere palermitana in maniera divertente”.

Sta lavorando a nuovi progetti?

“Sì. Sto lavorando al montaggio del Testimone, a marzo comincerà una nuova serie. A giugno inizierò a scrivere una nuova sceneggiatura”.

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