#diventeràbellissima, una forma di politica alternativa?


#diventeràbellissima politica

Un’ardua sfida quella di #diventeràbellissima, popolare hashtag del movimento civico pensato da Nello Musumeci per introdurre una forma di politica alternativa, basata sul confronto, lontana dai partiti autoreferenziali e vicina alle esigenze della gente e del territorio.

Nella tre giorni di appuntamenti artistici, politici e culturali appena conclusasi alla Vecchia Dogana, si è distinto un dibattito su quella che aveva tutta l’aria di essere una ricetta di bellezza. Alchimista della serata, mescolando gli ingredienti della pozione miracolosa, il giornalista Mario Barresi. E seppur a bisturi e ritocchi, sembriamo abituati, per come si è ridotta la Sicilia, va da sé, più che un’alchimia ci vorrebbe una magia. E dunque cosa bolle nell’ampolla? Ecco gli ingredienti degli addetti ai lavori.

All’esigenza di una «linea di intervento politico culturale, con prospettiva condivisa, contro una mancanza di progettualità» ha fatto riferimento Daniele Tranchida, docente di storia moderna presso l’Università di Messina; seguito da Sebastiano Tusa, sovrintendente del mare, secondo cui «anche nel mare è doveroso passare dall’improvvisazione alla programmazione.»

Ad «uno stato di orgoglio del popolo siciliano», invece, ha pensato Antonio Presti di Fiumara d’Arte, «Bisogna conservare la bellezza, perché quando la bellezza si restaura vuol dire che c’è già stata un’offesa, una dimenticanza.»

«A crescere un popolo che ami e rispetti la cultura» con esplicito riferimento alla scuola, ha altresì inneggiato, il magnate messinese. Altro che fuga di cervelli, «non ci si deve arrendere, i nostri ragazzi vogliono rimanere sul territorio e vogliono scommettersi» aggiunge Gabriella Congiu Marchese, docente di lettere.

E se, secondo Silvia Mazza del giornale dell’Arte, nella classifica dei primi 100 musei italiani la Sicilia sembra non trovare posto, per Fabio Granata, direttore del distretto SudEst, sarebbe solo una questione di numeri errati «perché i nostri dati in quella classifica non ci sono, perché i dati siciliani sono fatti da 800.000 visitatori annui al Parco della Neapolis di Siracusa, da altrettanti a Taormina e da più di 800.000 nella Valle dei Templi»; nonché una questione di «imbrogli», «perché bisogna capire chi controlla chi, bisogna capire quanta gente entra staccando realmente i biglietti e quanta no.»

Eppure, sottolinea ancora Granata con una frecciatina ad una stampa poco sensibile che vuole vedere solo il bicchiere mezzo vuoto, è solo una questione di consapevolezza, infatti, «nonostante questi dati di crisi, l’Istituto Nazionale del Dramma Antico stacca 130.000 biglietti di spettatori paganti… dunque dobbiamo smetterla di lamentarci –dice- ed essere consapevoli, da siciliani, delle nostre bellezze; i musei non servono a fare soldi, ma a restituire il senso della comunità. La nostra isola è la più grande stratificazione archeologica, storica, paesaggistica, monumentale, architettonica del pianeta, è il luogo in cui esistono più siti Unesco. Tra limiti e contraddizioni, la Sicilia può diventare bellissima a condizione che ci sia una maggiore sensibilità per il turismo, fatto di viaggiatori e non di turisti.»

 

 

 

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