“CATANIA BENE”, la mafia catanese raccontata dal magistrato Sebastiano Ardita


sebastiano ardita
Il magistrato Sebastiano Ardita

Continuano le presentazioni itineranti del libro del magistrato Sebastiano Ardita, “Catania bene” (edito da Mondadori), un libro che presenta la vivacità narrativa di un romanzo criminale ma che di immaginario ha ben poco, ed è invece frutto dello studio e delle esperienze dirette del giovane magistrato catanese, attuale Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Messina. Venerdì 13

Il giornalista sky Spampinato, Sebastiano Ardita e il presidente del Kiwanis club etneo D'arrigo
Il giornalista di Sky Spampinato, Sebastiano Ardita e il presidente del Kiwanis club etneo D’arrigo

novembre all’ennesima presentazione del libro, che ha avuto luogo a Nicolosi per iniziativa del Kiwanis Club Etneo e del neo presidente Carmelo D’Arrigo, il magistrato Sebastiano Ardita è stato accolto da diverse cariche kiwaniane e dal sindaco di Nicolosi, davanti a un pubblico molto numeroso e interessato, ha presentato il suo libro e risposto con fare preciso e puntuale alle provocazioni del moderatore dell’incontro, il giornalista Sky Nino Spampinato. Oggi quarantanovenne, Sebastiano Ardita ha fatto parte nei primi anni della sua carriera della Direzione Distrettuale Antimafia proprio a Catania, e sono stati esattamente quegli anni di attività passati tra la criminalità organizzata e le inchieste mafiose negli appalti pubblici e nelle forniture, a

Il magistrato Sebastiano Ardita autore del libro sulla mafia catanese
Il magistrato Sebastiano Ardita autore del libro sulla mafia catanese

rappresentare il fulcro del suo libro. “ La mafia catanese degli anni ‘80 si presenta da subito come una mafia diversa da quella palermitana, nessuno scontro frontale con le istituzioni e la società civile, ma una ricerca di continuità anzi complicità con esse, in una logica di inabissamento e collusione. Trattasi di una precisa scelta della famiglia mafiosa catanese. Una mafia che nasce per gli affari e il cui scopo è quello di far fare la pace tra gli imprenditori, rassicurando cosi i ricchi e la città bene, contribuendo alla sicurezza e al benessere della borghesia”. Si ha quasi l’impressione di trovarsi davanti a una mafia buona, ma ovviamente non è così. La mafia catanese è una mafia dal doppio volto, come raffigura bene l’immagine di copertina del libro: una mafia buona all’esterno ed estremamente feroce al suo interno. Ma come ama dire lo stesso Sebastiano Ardita, non si tratta di un libro sulla moralità (buono/cattivo) ma sull’illegalità del fenomeno mafioso catanese. In maniera estremamente ricca di particolari e collegamenti, la storia che viene ricostruita nel libro descrive il modello di una società malata che avanza a braccetto con una mafia, prodotto di una alleanza con settori dominanti dell’imprenditoria, della compiacenza delle istituzioni e della politica, del monopolio informativo della stampa, che è giunta fino a connettere a sé il potere giudiziario. Un’organizzazione capace di infiltrarsi nei centri nevralgici del potere della «Catania bene» e di assumere un profilo imprenditoriale e rassicurante, ma spietata con chi si frapponeva al suo cammino, come il coraggioso giornalista Pippo Fava, l’ispettore Giovanni Lizzio, lo stesso prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, che avevano capito quali interessi si muovevano alle pendici dell’Etna. Gli uomini di Cosa nostra catanese si accreditavano come garanti dell’ordine pubblico, fino ad attuare una vera e propria «co-gestione» con le autorità. La sintesi di tale modello sta in quella foto, rinvenuta all’indomani dell’omicidio Romeo, che vedeva rappresentati mentre banchettavano, il capo di cosa “In fin dei conti quello che si è sperimentato a Catania è il modello della trattativa Stato-mafia, condensato in un patto stabile e duraturo tra poteri criminali, finanza ed istituzioni. La trattativa è un fatto storico che va al di là dei processi. Essa è un modo di agire di un sistema criminale, non un reato in sé ma un contesto che può generare reati e infedeltà di uomini pubblici.”nostra, l’imprenditore catanese Nitto Santapaola, il sindaco della città, il presidente della provincia, il medico del carcere e gli imprenditori più influenti del mezzogiorno. “Oggi non si spara più, o lo si fa molto meno, ed il terreno di battaglia sono il denaro e l’impresa”. In questo contesto il modello dei catanesi, emerso quando l’egemonia dei corleonesi è stata messa in discussione dall’emergere dei nuovi capi catanesi (Santapaola e gli altri),  è diventato dominante e si può parlare di una vera e propria “cosa nostra 2.0”, una mafia più difficile da combattere, nel suo essere estremamente dialogante e accomodante, come il catanese ha sempre dimostrato di saper essere.   La mafia “imprenditrice” sembra rappresentare, ancora oggi, la mafia vincente e il riposizionamento dei clan nei confronti dei poteri pubblici prende spunto da ciò che accadde agli inizi degli anni 90 dopo l’attacco lanciato attraverso le stragi. “In fin dei conti quello che si è sperimentato a Catania è il modello della trattativa Stato-mafia, condensato in un patto stabile e duraturo tra poteri criminali, finanza ed istituzioni. La trattativa è un fatto storico che va al di là dei processi. Essa è un modo di agire di un sistema criminale, non un reato in sé ma un contesto che può generare reati e infedeltà di uomini pubblici.”

“Catania bene” di Sebastiano Ardita ha saputo consegnare un’analisi lucida e ben scritta, di una realtà con cui la nostra bella città fa i conti ancora oggi, lanciando in maniera chiara la necessità di una presa di posizione ben precisa nei confronti delle periferie e del degrado sociale, terreni sempre fertili per le realtà malavitose. Ma non solo. Partendo dalla Catania di ieri, il libro di Sebastiano Ardita denuncia con coraggio i pericoli che incombono sull’Italia di oggi.

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1 Commento

  1. DIMITRI PUSTIZZI
    28 novembre 2015
    Rispondi

    Una realta tutta opposta dove le istituzioni mantengono i loro privilegi grazie alla mafia

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