Gennaro Cannavacciuolo: “Lavorare in teatro è come prendere i voti”


“Oggi è facile parlare di sesso, ma è difficile farlo senza essere volgari”. Questo il leit motiv di Gran Varietà, il peccato erotico ed umoristico nella canzone d’epoca di e con Gennaro Cannavacciuolo. Uno spettacolo che, attraverso un affresco comico, ma colto, fa rivivere gli anni, tra il 1880 e il 1940, dell’avanspettacolo, del caffè concerto, della rivista proponendo canzoni tipiche del teatro popolare, per soli adulti, basate sul doppio senso erotico. Un recital interattivo, nella cornice del Teatro Brancati, Teatro della Città, in scena fino al 2 dicembre, con le musiche eseguite dal Trio Bugatti, composto da Marco Balducci, pianoforte, Andrea Tardioli, clarinetto e sax contralto, e Claudio Gatta, violoncello. Uno show che non dimentica di rendere omaggio con grazia ed eleganza al grande Nino Taranto e all’indimenticabile Pupella Maggio.

“Gran Varietà, Il Peccato Erotico Umoristico nella Canzone d’Epoca” parla di sesso senza volgarità riproponendo testi di Pisano, Cioffi, Gill, che fecero la fortuna della canzonetta sceneggiata. Oggi si può ancora parlare di teatro popolare?

“Il teatro popolare, purtroppo, oggi non esiste più; l’ingresso dei talk show, gli innumerevoli reality, di cui abbiamo il disgusto, hanno distrutto questo tipo di rappresentazione. Io da anni, un po’ per passione e un po’ perché sono portato a fare certe cose, sto cercando di recuperarlo. La forza attrattiva di questo tipo di spettacolo è la semplicità e la genuinità, ma bisogna essere bravi, per gestire questo tipo di lavoro, perché parlare di argomenti come l’erotismo o il sesso senza cadere nella mediocrità non è facile. Ci vuole eleganza, stile, charme, perché in caso contrario diventa tutto un pastone dedito alla volgarità”.

Da giovanissimo, a meno di otto anni, ha capito che la recitazione sarebbe stata il suo percorso di vita. Come affrontano i ragazzi la strada del teatro, del cinema, dello spettacolo?

“Le possibilità oggi ci sono, ma non si deve cedere alle tentazioni di carattere televisivo, perché tutto ciò non è teatro, non è spettacolo, ma è solo una grande giungla di maleducazione. Si può decidere di fare teatro, ma si deve essere consapevoli che è una vita fatta di rinunce. Io provengo da una scuola in cui maestri come Eduardo De Filippo o Pupella Maggio hanno dedicato tutta la vita al teatro e non hanno fatto altro che lavorare. Bisogna studiare con serietà e dedizione, perché il teatro è una missione paragonabile alla vocazione religiosa. Tutto ciò è necessario farlo capire ai ragazzi che sono aggrediti da questa cattiva pubblicità mediatica. È  doveroso avere rispetto del pubblico che paga un biglietto, per vedere la tua interpretazione. A teatro, come diceva Pupella, non si bara, perché il pubblico capisce subito la roba buona”.

Ha deciso nella sua carriera di dedicare un omaggio a Modugno. Com’è nato lo spettacolo “Volare, Omaggio a Domenico Modugno”?

“L’omaggio a Modugno è nato, già quando avevo sei o sette anni, perché sono cresciuto con le sue canzoni. La mia era una famiglia semplice e attraverso la radio si sognava. Creare uno spettacolo dedicato a Mimmo è stato un qualcosa di naturale e, soprattutto, un vero piacere per me, perché ricorda la mia infanzia e la mia famiglia”.

La vita è fatta d’incontri fortunati e scelte sbagliate. Come si riconosce un copione, un ingaggio di successo da uno mediocre? Come si fa a non sbagliare?

“Sbagliare è facile, non basta essere dotati di un fiuto abbastanza intuitivo, perché gli errori, anche piccoli, ci saranno sempre. Non è mai facile fare delle scelte. Io sono stato fortunato, perché nella mia vita, in particolar modo agli inizi quando tutto è più difficile, ho incontrato Eduardo De Filippo, Pupella Maggio, Riccardo Pazzaglia, Gina Lollobrigida, Paolo Panelli che mi hanno trasmesso tanto e mi hanno aiutato ad amare ancora di più il mio lavoro, ma è impossibile non sbagliare, non sarebbe umano”.

Un ricordo della sua Napoli?

“Sicuramente essere riuscito a realizzare un desiderio che sognavo da bambino: cantare al San Carlo. Due anni fa è stata rappresentata una grande edizione della vedova allegra e quando ho messo piede in teatro ho provato una sensazione di gioia così grande paragonabile allo stupore e alla meravigliosa semplicità dei bambini”.

Un luogo comune attribuisce agli attori brillanti, ai comici una grande serietà e malinconia nella vita privata. È vero?

“Generalmente è cosi, nel privato si è più seriosi, forse perché si respira troppo la tensione della scena, ovviamente dipende sempre da soggetto e soggetto”.

Prossimi impegni lavorativi?

“Sarò ancora in giro per l’Italia con questo spettacolo, riprenderò Volare e sto preparando un progetto molto importante dedicato ad una grande attrice del passato”.

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