Giovanni Ghiselli: Sono i buoni docenti che fanno la buona scuola


Giovanni Ghiselli
Giovanni Ghiselli

Così, in barba ai nuovi dettami della legge 107, che predilige docenti animatori e manager in progettualità, il professor Giovanni Ghiselli, docente a vari livelli d’istruzione, membro del direttivo dell’AICC di Bologna e del Centrum Latinitatis Europae, ha parlato in favore di una maggiore preparazione degli insegnanti perché “sono i buoni docenti che fanno la buona scuola”.

In una tre giorni d’incontri, dedicata agli studenti e aperta al territorio, organizzata dalla docente Giuseppina Palazzo col beneplacito della Dirigente Grazia Emmanuele, il professor Ghiselli ha puntato il dito sulla volontà di contrastare il declino degli studi classici.

Un’apologia la sua, del latino e del greco, come riscoperta della nostra identità culturale e come strumento di conoscenza dell’italiano alla luce della parola. Tecnicismi sì, ma solo come punto di partenza nell’ottica di una rivalutazione dei testi.

 

L’intervista a Giovanni Ghiselli

Professore Giovanni Ghiselli, lei ha indossato i panni di docente a vari livelli d’istruzione e per diversi anni, come vede la scuola italiana oggi, didatticamente parlando, ritiene che sia una “buona scuola”?

Giovanni Ghiselli insieme ai ragazzi del liceo Capizzi di Bronte
Giovanni Ghiselli insieme ai ragazzi del liceo Capizzi di Bronte

«Buona scuola significa una scuola con buoni insegnanti, con insegnanti preparati; io dubito che la maggior parte degli insegnanti di oggi sia ben preparata, perché il reclutamento è avvenuto in maniera caotica e tumultuaria. Nei tanti anni in cui sono stato in una scuola pubblica, dal ‘69 al 2010, fra scuola media, ginnasio, liceo ed università, ho visto che non ci sono molti insegnanti preparati, ho notato un progressivo decadimento ed una degradazione della scuola.»

Proposte per migliorarla?

«Che si tornino a leggere gli autori e che gli insegnanti abbiano tempo di studiare, meno metodologia e maggiore lettura dei testi, meno riunioni a favore di un maggiore studio da parte dei docenti e maggiore controllo sui docenti, controllo che non venga solo dalle famiglie e dagli studenti, che non sono abbastanza competenti in tal senso; Quis custodiet ipsos custodes, coloro che devono custodire il sapere lo custodiscano e siano dei buoni osservatori.»

Andiamo alla lingua, nuovi approcci didattici e nuove metodologie che rivalutino il valore della parola, è questo il senso della sua apologia del latino e del greco?

«Il latino e il greco sono elementi fondanti di tutti gli studi, anche della lingua italiana; così se uno non conosce il latino in primis ma neanche il greco, non capirà l’italiano, quindi se uno non ha il pieno possesso alfabetico e lessicale della propria lingua non potrà fare bene il suo lavoro. Gli insegnanti devono essere in grado di citare delle frasi belle che rimangano impresse, ma anche l’apprendimento dei tecnicismi ci vuole purché non sia punto di arrivo, ma di partenza per passare poi -dopo il biennio- ai testi.»

Passiamo ora all’aspetto culturale, uno dei percorsi che tratterà coi giovani studenti del Capizzi è dedicato alla donna, la Medea di Euripide e l’Antigone di Sofocle sono ancora così attuali, allora se è vero che “la sofferenza porta alla comprensione”, possiamo fare un rapido confronto fra le due e magari trarne un messaggio, un insegnamento per il presente?

«La letteratura antica è piena di esempi, di donne di vario genere. Le donne di Sofocle –ad esempio- sono donne molto forti, ci sono donne che non si lascino intimidire dal tiranno, come Antigone, donne che non si lasciano umiliare dall’uomo che le ha abbandonate, come Medea, beh certo non dico che si debbano uccidere i figli … (sorride), insomma il quadro è quello di donne che non si abbandonano alle lacrime, ma reagiscono. Poi c’è la donna spartana che è molto diversa da quella ateniese, c’era –ad esempio- Gorgo, moglie di Leonida, che ad una donna ateniese che le disse, “Voi donne spartane comandate sugli uomini”, rispose “solo noi donne spartane mettiamo al mondo degli uomini”. Ecco, questo è un altro esempio di donna greca, la donna fiera.»

 

 

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