Il rapporto sulle agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, trova in vetta la Sicilia con un elevato indice di organizzazione criminale. Dal rapporto, presentato stamattina, emerge infatti la vastità degli interessi della criminalità organizzata nel settore: più di 14mila terreni in Sicilia sono in mano a persone condannate in via definitiva, anche per fatti di mafia. Il quadro è allarmante: stando ai dati divulgati, nel 2015, a livello nazionale, le organizzazioni criminali hanno avuto nel settore dell’agroalimentare un business da oltre 16 miliardi di euro .Dai dati dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata emerge che il totale complessivo degli immobili confiscati al 30/09/2015 ammonta a 17.577 unità. Tra questi, 9.310 immobili destinati, 7.955 in gestione e 312 usciti dalla gestione. I beni confiscati risultano numerosi soprattutto nelle regioni in cui è più radicata la presenza delle mafie, con un netto primato della Sicilia con 6.916 immobili, più della metà dei quali destinati. Seguono la Campania (2.582) e la Calabria (2.449). “La denuncia, il ripopolamento delle aree interne, la creazione di infrastrutture devono essere perseguite con forza per avviare quelle azioni di riscatto indispensabili per sconfiggere le logiche delinquenziali garantendo gli investimenti. Oggi in Sicilia è l’agricoltura che incrementa l’occupazione soprattutto giovanile – affermano il presidente e il direttore Coldiretti Sicilia, Alessandro Chiarelli e Prisco Lucio Sorbo– e il collegamento continuo con le istituzioni rappresenta la chiave di volta per proseguire in questa strada che deve riabilitare interi territori”. A dare una misura dell’inquinamento mafioso dei vari territori è l’Indice di organizzazione criminale Ioc, che si fonda su 29 indicatori specifici, che tengono in considerazione le caratteristiche intrinseche alla provincia stessa e di conseguenza sia gli eventi criminali denunciati che i fattori economici e sociali. In base allo Ioc, la provincia siciliana più condizionata dall’attività della criminalità organizzata in tutta Italia è Ragusa con un punteggio di 100. Situazioni complicate anche negli altri capoluoghi dell’Isola a partire da Caltanissetta (69,4), Catania (57,5), Siracusa (49,2), ed Enna (48,4). La provincia siciliana con meno infiltrazioni è Messina con un punteggio di 40,6. A risentire maggiormente di tale situazione è l’imprenditoria onesta, ma anche la qualità e la sicurezza dei prodotti. L’effetto indiretto, come specifica il rapporto, è quello di “minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio made in Italy”. Secondo la Direzione investigativa antimafia, inoltre, le infiltrazioni della malavita nell’indotto agroalimentare causano “la lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a quattro volte nella filiera che va dal produttore al consumatore”. Secondo Coldiretti, ad aggravare il quadro generale è anche la gestione dei beni confiscati. Il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace. Se tali beni venissero gestiti in maniera proficua, secondo i promotori della ricerca, il settore agroalimentare avrebbe un aumento di introiti che andrebbero tra i 20 e i 25 miliardi di euro.
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