E’ stata inaugurata stamattina al Museo Archeologico Regionale a Gela la mostra “Il passato riemerso. I lingotti di oricalco e i reperti recuperati nei fondali di Gela”. L’esposizione dei preziosi ritrovamenti in oricalco rinvenuti dalla Soprintendenza del Mare lungo le coste gelesi resterà aperta al pubblico fino al 12 aprile dalle ore 9,00 alle ore. 18,30.
Alla fine del 2014 il mare di Gela, l’antica colonia rodio-cretese fondata agli inizi del VII sec. a. C., ha restituito uno fra i più importanti tesori custoditi nei fondali sabbiosi di fronte il litorale di contrada Bulala, dove già sono stati ritrovati tre relitti di età greca.
Si tratta di un prezioso carico trasportato da un’antica nave naufragata a qualche centinaio di metri dalla costa gelese ad una profondità di circa cinque metri, costituito da trentanove lingotti di un metallo particolare, chiamato “oricalco”, una lega di rame e zinco simile al nostro ottone, considerato nell’antichità un metallo prezioso, al terzo posto per valore commerciale dopo l’oro e l’argento. La scoperta è tra le più importanti di questi ultimi anni sia perché costituisce un unicum come ritrovamento sia perché i reperti finora conosciuti forgiati con questa lega sono molto rari.
Il più antico oggetto in ottone è un anello proveniente da Ugarit del XIII secolo a.C.; altri due reperti sono custoditi al British Museum: una fibula a navicella del VI secolo a.C e una base di statuetta di pugilatore del V secolo a. C.
Poche sono le notizie che ci forniscono le fonti antiche su questo metallo e sul suo utilizzo.
Il termine greco ὀρείχαλκος da (ὅρος, monte e χαλκός, rame) è già attestato nell’Inno ad Afrodite, un proemio pervenutoci sotto il nome di Omero, nel quale si racconta la nascita di Afrodite dalla spuma del mare; la divinità, per essere presentata al consesso degli Dei, viene accudita dalle Ore, figlie di Zeus, che le fanno indossare vesti divine adornandone i lobi con “fiori di oricalco”.
Platone nel Crizia ci parla dell’oricalco in relazione alla mitica e misteriosa isola di Atlantide, che gli dei avevano dato a Poseidone così chiamata dal nome del figlio maggiore, Atlante; l’isola sacra, una sorta di paradiso terrestre, era fornita di tutto il necessario per vivere e offriva, inoltre, minerali, metalli e oricalco, “ che oggi è solo un nome ma che allora era più di un nome, estratto dalla terra in molte parti dell’isola e, ad eccezione dell’oro, era stimato il metallo più prezioso fra gli uomini di allora”. Era utilizzato in molte costruzioni: la terza cinta muraria che circondava la cittadella era ricoperta con “oricalco dai riflessi di fuoco”; il tempio sacro dedicato a Poseidone, posto al centro dell’isola, aveva il soffitto d’avorio e ornato con oro, argento e oricalco; anche le pareti, le colonne e il pavimento erano rivestite in oricalco. Infine i decreti stilati da Poseidone, che regolavano la vita di Atlantide, erano stati incisi su una colonna di oricalco che era situata all’interno del tempio dedicato al dio.
In epoche successive anche gli autori latini ci forniscono generiche informazioni sul prezioso metallo; in età romana imperiale la lega era utilizzata per la coniazione di alcune monete quali, ad esempio, i sesterzi.
I trentanove lingotti presentano varie forme e hanno peso e lunghezza diversi: da un minimo di cm 17 e un peso di gr 254 a un massimo di cm 32 e un peso di gr 1340.
Le analisi sono state effettuate da Dario Panetta della TQ (Tecnology for Quality) con il metodo della fluorescenza a raggi X dalle quali risulta che la lega dei metalli di cui sono composti i lingotti è costituita per l’80% da rame e per il 20% di zinco con tracce di piombo e nichel.
La presenza di porzioni lignee di fasciame e di alcune ordinate che emergono dai fondali nelle immediate vicinanze dei lingotti fa ipotizzare che gli stessi fossero parte del carico trasportato dalla nave in arrivo a Gela che fece naufragio a pochi metri dalla costa.
Il rinvenimento di questo relitto e di parte del carico dimostra la ricchezza di Gela nell’antichità e la presenza di ricche e specializzate officine artigianali per la produzione di oggetti di particolare pregio.
Oltre ai lingotti, il mare ha restituito diversi reperti per la maggior parte integri che potrebbero far luce sull’epoca del naufragio della nave.
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