E’ nato inculator, generatore di profitti e doppi sensi


inculator

E sebbene non sia un refuso, non è nulla di ciò che sembra. E che sembra? E qua casca l’asino, fermi tutti, non rasentate il muro, ho detto asino e non sapone; battute a parte, ammettiamolo,

nasce inculator
nasce inculator

quanti di voi non sono andati oltre inferendo linguisticamente ad una certa volgarità concettuale? Ma tutto cambia se il termine in questione non è italiano, bensì una parola macedonia, nata dalla fusione dei due lemmi americani: incubator ed accelerator. E chi respira aria d’innovazione sa bene cosa intendo.

Nello scorso aprile lo Unitus Seed Fund, fondo di investimento per startup, con base a Seattle, ha presentato il report 2015 sulle best practices per incubatori ed acceleratori ed è proprio qui che per la prima volta sembra che il termine abbia fatto la sua comparsa.

Certo, sfido io un qualsiasi imprenditore italiano ad affidare il buon esito di un’impresa nascente ad un inculator, pena –per dirla tutta- come dire, la presa in… saccoccia di tutto l’ambaradan o gli eventuali effetti collaterali, ma analizzando singolarmente il valore semantico delle due parole è evidente che, con riferimento a vere e proprie agevolazioni d’impresa, il discorso è tutt’altro.

Per incubatore, infatti, si intende un’organizzazione in grado di supportare lo sviluppo di nuove imprese grazie ad una serie di servizi ad elevato valore aggiunto; l’acceleratore, invece, è un programma progettato per velocizzare lo sviluppo di aziende in fase di startup con possibilità di crescita esponenziale.

E se linguisticamente i due termini sembrano esplicitare due diverse fasi di un avvio imprenditoriale, nella pratica spesso l’una fase si sovrappone all’altra tanto da aver reso necessaria la coniazione di un neologismo che le inglobi entrambe.

Ed è così che, detto fatto, è nato l’inculator, un incubatore d’impresa che se da un lato accelera i processi del business, dall’altro ne genera profitti e doppi sensi.

 

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