La tutela delle persone incapaci di intendere e di volere


persone foto Brunella Bonaccorsi
foto Brunella Bonaccorsi

Per capacità di intendere e volere, in senso giuridico, si intende la possibilità per un individuo di decidere i propri atti, ossia mettere in atto o meno un comportamento antigiuridico o antisociale. Sull’argomento ci siamo confrontati con l’avvocato Lucia Tuccitto, titolare dello Studio legale Tuccitto.

Prima di tutto va fatta la distinzione tra

  • incapacità assoluta: i minorenni, gli interdetti legali (ovvero coloro che hanno subìto una condanna superiore ai cinque anni) e gli interdetti giudiziali (che si trovano in condizioni di infermità mentale stabile);
  • incapacità relativa, categoria a cui vengono ricondotti i minorenni emancipati di diritto e gli inabilitati;
  • incapacità naturale, (art. 428 c.c.) che può essere definita come uno stato, non giudizialmente dichiarato, della persona che non è in grado di intendere o di volere per una qualsiasi causa permanente o transitoria che rende annullabile l’atto.

“Con la legge n.6 del 9 Gennaio 2004, la disciplina degli istituti relativi alla protezione dei soggetti inidonei alla cura dei propri interessi ha subito importanti modifiche; in particolare, rileva l’inserimento nel corpo del Codice Civile della nuova misura dell’amministrazione di sostegno. – spiega Lucia Tuccitto – Il nostro ordinamento prevede, quindi, 3 istituti a sostegno dei soggetti incapaci: l’’istituto dell’interdizione (art. 414 c.c.), dell’inabilitazione (art. 415 c.c.) e dell’amministrazione di sostegno (art.404 c.c.)”.

 

Interdizione, Inabilitazione amministrazione di sostegno

foto Brunella Bonaccorsi
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Come spiega il legale “Il provvedimento di interdizione è subordinato alla verifica di un’infermità di mente abituale che comporti un’incapacità di provvedere ai propri interessi. A seguito dell’interdizione, l’incapace non può compiere alcun atto giuridico, né di ordinaria né di straordinaria amministrazione ed il Giudice tutelare nomina un soggetto: il tutore”.

L’inabilitazione è disciplinato dal Codice Civile agli artt. 415 c.c. e seguenti che afferma il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all’interdizione, può essere inabilitato. Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé e la loro famiglia a gravi pregiudizi economici. Possono, infine, essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, salva l’applicazione dell’art.414 c.c. quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi.

“L’inabilitato – prosegue l’avvocato – può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione mentre per quanto attiene gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione possono essere validamente compiuti dal soggetto inabilitato previa autorizzazione del Giudice tutelare e con il consenso del curatore. Il curatore è, quindi, colui che affianca l’inabilitato negli atti di straordinaria amministrazione.

L’istituto dell’’amministrazione di sostegno è disciplinato dall’art. 404 c.c. e seguenti del Codice Civile, la persona affetta di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare del luogo in cui ha la residenza o il domicilio”.

L’amministrazione di sostegno riduce o attenua la capacità de soggetto beneficiario solo in relazione ad alcuni atti, ossia quelli stabiliti volta per volta dal Giudice.

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