Siciliani in giro per il mondo in cerca di nuove opportunità


siciliani nel mondo

Sempre più ragazzi siciliani sono costretti, o si dimostrano semplicemente vogliosi di lasciare la città o la provincia per studiare, cercare lavoro, o fare un’esperienza all’estero. C’è chi ha le idee chiare e conosce perfettamente la direzione da imboccare, chi invece andrebbe dovunque pur di fuggire da qui. Chi non vede l’ora di tornare e prolungare il soggiorno delle vacanze natalizie tra le braccia dei cari e inebriati degli odori dei cenoni famigliari, e chi invece al ritornare non ci pensa neanche lontanamente.

Intervista a ragazzi siciliani andati via

Perché andare via?

“Una delle motivazioni che mi ha spinto a partire è stata soprattutto la voglia di imparare e quella di provare: imparare a vivere da solo senza famiglia, provare una strada diversa da quella che avrei trovato a casa mia”, risponde Enzo, 24 anni, a Milano da ormai 5, che sta per concludere il Biennio specialistico alla Nuova Accademia di Belle Arti. “Perché sono a Torino? – si domanda e si risponde Giulia, 27 anni, laureata in Filologia Moderna, e lanciata insieme a tantissimi altri nella lunga odissea alla ricerca di una cattedra – perché desideravo fare l’insegnante ed era l’unico modo per avere qualche possibilità di iniziare a lavorare. Ho scelto quindi di iscrivermi in graduatoria in una qualunque delle province del nord Italia, dove invece, mi avevano detto, si lavora. Sono qui perché ho ricevuto una mail di convocazione il 27 settembre scorso. Ho risposto dando la mia disponibilità e 48 ore dopo mi sono ritrovata dentro un’altra vita. Una catapulta senza troppe delicatezze.” Anche Grazia, all’indomani della sua laurea, ha deciso di riporre la sua vita in una valigia e intraprendere un viaggio lungo 12 mesi, come volontaria dello Sve (Servizio Civile Europeo), in Romania: “Decidi di partire perché l’Italia non ti dà la possibilità di crescere personalmente, perché il post laurea ti mette in crisi, e per paura di restare ferma e non crescere personalmente decidi di salire su un volo che mai avresti pensato di prendere”.

Cosa avete trovato fuori che qui non avevate?
Tutti d’accordo nel rispondere: le possibilità. Federica, che nella piccola realtà del suo paese alle pendici dell’Etna, si sentiva soffocare, ormai da anni trasferita nella capitale inglese spiega che: “a Londra cominci da zero e non smetti mai di crescere. Ho cominciato a lavorare al Mc Donald prendendo circa 200 pound al mese e in meno di un anno sono cresciuta professionalmente. Oggi lavoro come service customer al Lyca mobile e guadagno 1500 pound.”

“Oltre allo studio, ho anche lavorato in agenzie di comunicazione con contratti casuali e occasionali, e con contratti più seri all’interno di aziende di altro settore. Esperienze che forse a Catania, difficilmente avrei provato. – spiega Enzo – Imparare e provare vanno a stretto contatto con un’altra condizione comune a tutti ma che spesso, soprattutto a chi resta protetto dall’alveare casalingo, viene vista semplicemente come un fallimento: sbagliare. Se fossi rimasto in Sicilia al primo fallimento mi sarei probabilmente immobilizzato. Una realtà più grossa e frenetica come quella di Milano, invece, mi ha permesso di muovermi all’interno di ambienti che nemmeno immaginavo”. Ad avvalorare la tesi di Enzo, Grazia: “Questi primi due mesi in Romania mi hanno dato la possibilità di sviluppare delle competenze e uno spirito di adattamento che non credevo di possedere. In poco tempo ti ritrovi immersa in una nuova dimensione caratterizzata da lingue e culture differenti e devi cavartela da sola.”

 “L’opportunità dell’insegnamento – risponde invece Giulia – Qui non c’erano cattedre disponibili. Di certo non ho trovato la perfezione che si decanta. Sarà vero che al Nord funziona tutto? Nel mondo della scuola, per l’esperienza che vivo quotidianamente, non funziona nulla, esattamente come dalle nostre parti. Rimane l’Italia che ha un mare di problemi, dovunque. Sono precaria, in attesa quotidiana che mi confermino o che mi rispediscano a casa – confessa amaramente – questa è l’unica vera ragione che mi toglie la serenità, perché mi nega la possibilità di progettare qualunque cosa per il mio domani.

Cosa vi manca della Sicilia?
“Della Sicilia mi manca il cibo, il clima, il paesaggio e soprattutto la famiglia ma ci sono tantissime cose che in Sicilia, ma anche in Italia, di cui farei tranquillamente a meno” non nasconde Federica. La mia rete. Tutto quello che avevo costruito. – dice invece Giulia – Incontrare per strada gente che conosco, con la frequenza che solo una città a misura d’uomo può regalare. Il cibo di casa. Certe chiacchiere, con certi amici. La vita all’aperto che ho imparato a Catania, città sveglia sempre, aperta a tutte le ore”.

Tornerete?

Nella maggior parte dei casi dipende dal lavoro. “Il sistemarsi è una modalità che non appartiene alla mia generazione ma a quelle precedenti, – pensa Enzo- per me non è una cosa negativa, anzi trovo che sia un modo divertente per imparare tante cose nuove, mestieri e usanze. Di sicuro non ho voglia al momento di tornare a casa per nostalgia, anzi mi piacerebbe fare un passo ancora più in là, magari confrontare le mie competenze in un altro paese dove si parla un’altra lingua”.

“La voglia di tornare in Italia c’è – ammette invece Grazia – anche perché è la nazione che mi ha dato la possibilità di crescere, ma se tornare dovesse significare non progredire allora preferisco affrontare il nuovo con la consapevolezza che il rischio e il dover stare lontana dagli affetti e dalle persone a me care possa avere dei benefici per la persona che potrò essere in futuro. Si parte voltando le spalle al passato e con la consapevolezza che al ritorno nulla potrà essere come quando si è partiti”.

 

 

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