Francesco Niccolini: “Vi racconto la protesta civile e poetica di Danilo Dolci in Sicilia”


«C’è un bravissimo attore salentino, Giuseppe Semeraro, che è anche un poeta, lui studiando Danilo Dolci, si è innamorato dei suoi testi scoprendo che, forse, ancora più potente della sua poesia è stata la forza della sua azione simbolica ed etica in Sicilia, così chiedendomi se fossi disposto a scrivere un monologo su di lui, ho accettato!»

Con queste parole e grande emozione, il drammaturgo e sceneggiatore Francesco Niccolini ci racconta di “Digiunando davanti al mare”, spettacolo teatrale interpretato da Giuseppe Semeraro con la collaborazione del regista Fabrizio Saccomanno, inscenato il 4 settembre scorso, a Lecce, all’interno del Soundmakers Festival.

Francesco, chi era Danilo Dolci e cosa l’ha colpita di lui?

«Era nato in Slovenia, quando era ancora italiana, la famiglia era lombarda e il padre faceva il capostazione per cui spesso era soggetto a trasferimenti, in questo modo Danilo conobbe la Sicilia. Dopo la guerra, mentre era un promettente architetto milanese, capì che il suo posto era lavorare dove ce ne fosse più bisogno, per questo scelse Trappeto e poi Partinico. La sua forza era il non imporre nulla e condividere tutto. Aveva cercato di capire insieme ai contadini siciliani quali fossero i problemi e quali le soluzioni, tutti si resero conto che non c’era lavoro, e non c’era lavoro perché mancava l’acqua, e perché c’era la mafia, per cui si misero a lavorare sui problemi cercando delle risposte concrete e così nacque la diga sul fiume Jato.»

E il titolo? Ce ne spiega il senso?

«In effetti penso che i titoli non abbiano un senso, ma abbiano un suono, io sono rimasto affascinato da questo titolo, soprattutto da come Danilo riuscisse a trasformare la poesia in protesta, lui prese i pescatori e gli disse “voi tutti fate la fame, bene, domani andiamo tutti insieme a fare la fame davanti al mare e per sentire meno la fame non solo stiamo insieme, ma ascoltiamo la musica di Bach” … Ecco uno che riesce a fare una protesta con tanta civiltà e tanta poesia mi emoziona molto!»

A questo proposito, cosa ci dice sul “ritorno delle anatre”?

«Sì, è bellissimo l’abbiamo scoperto per caso, sono tre righe di un libro in cui si raccontava di come le anatre dopo centinaia di anni avessero ricominciato a fermarsi di nuovo sulla diga. Fra l’altro quest’anno ho realizzato un libro a fumetti dal titolo Aspettando il vento dove ho affrontato le questioni del partire e del tornare degli uccelli migratori, dunque, scoprire questo dettaglio delle anatre che tornano a fermarsi, mi ha dato il segno di come, finalmente una volta tanto, l’intervento sensato di un essere umano possa rimettere in moto il ciclo della natura anziché spezzarlo, ed è proprio questo il vero batticuore dello spettacolo.»

Dunque di cosa tratta?

«In realtà è la storia di Danilo Dolci e del suo primo amico, Zimbrogio di Trappeto -fra l’altro l’esperto di stelle e di uccelli era proprio lui- cui faccio accadere una serie di storie vere, che in realtà erano accadute anche ad altri, sono arresti, violenze, famiglie sottosopra; insomma insceno i loro dialoghi!»

Francesco, lei non è siciliano, ma, come ha detto, si è innamorato di Danilo Dolci e del suo operare, possiamo dire che fu un pioniere dell’antimafia in Sicilia, cosa ne pensa?

«No, non sono siciliano, sono un senza fissa dimora, io, e in ogni posto in cui vado lascio un pezzo di me con grande felicità. Rispondere a questa domanda non è facile, ma certamente posso dire che l’esempio di Danilo è meraviglioso perché si basa su questa fortissima coesione delle persone, di quelli che lo stato italiano chiama “i banditi”, in effetti –però- non sono tanto preoccupato della mafia quanto dello stato perché se lo stato è corrotto e debole, inevitabilmente gli altri poteri si ritagliano uno spazio di governo secondo altre regole, invece quello che è importante è uno stato sano, perché uno stato sano è come un corpo che può debellare la malattia. Penso che se la gente si riconosce nel buon governo di un luogo, la mafia ne resta fuori, se invece questo non avviene dominano la prevaricazione e il privilegio, e questo è già mafia!»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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